Chi legge con costanza e affetto Zerocinquantuno sa bene qual è la nostra linea redazionale: scrivere a ragion veduta e solo quando le notizie hanno un fondamento, non tanto per acchiappare click. Più volte abbiamo smentito le voci su Marko Arnautovic alla Juventus, perché mai con i bianconeri è stata imbastita una trattativa. E infatti tutto si è sciolto come neve al sole. Diverso nel caso del Manchester United: stamattina abbiamo parlato di un’offerta ufficiale effettivamente arrivata a Casteldebole, ma non se ne farà nulla: il centravanti resterà al Bologna, come ripetuto svariate volte dalla proprietà e dalla dirigenza del club.
Dispiace però constatare, a costo di passare per inguaribili romantici, come ormai il calcio di un tempo non esista più: gli Andersson che rifiutano la Juventus, i Signori che firmano in bianco e i Nervo che giocano 411 partite con la stessa maglia equivalgono a mosche bianche, anzi, sono ‘animali’ ormai estinti. Quel football è morto e sepolto, la riconoscenza nei confronti di una piazza, di un club e di un allenatore (definito «padre o fratello maggiore», che sta combattendo una durissima battaglia dimostrando un attaccamento esemplare alla vita e al proprio lavoro, sostenuto con coraggio dalla società a livello sia umano che professionale) è diventata una chimera. In tal senso, le frettolose partenze di Hickey, Svanberg e Theate, pur importanti per il bilancio, sono la conferma che la voglia di rimanere qui ancora un po’ e crescere insieme al BFC (o quantomeno aiutarlo sul piano economico, vedi lo svedese) era molto poca. BFC che peraltro li aveva tirati fuori praticamente dal nulla e posti sul palcoscenico della Serie A, è bene ricordarlo.
Il calcio, quello vero, è e resterà sempre il tifoso: colui che ci mette tutto il cuore possibile e anche di più, che non teme sole, pioggia, vento o neve, che compie sacrifici sobbarcandosi chilometri su chilometri dopo una giornata di lavoro massacrante, che si toglie una parte di stipendio per sottoscrivere l’abbonamento e non abbandonare la propria fede in un momento in cui l’economia è drammaticamente a terra. Sarà pure retorica ma il vero Bologna, quello che ama la maglia, siede sugli spalti.
Mario Sacchi
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