Grigio, démodé, inutilmente ipertrofico. Il Bentegodi soffre ancora il passaggio della febbre Mondiale, che nel 1990 calò su molti stadi italiani rendendoli di colpo più nuovi e insieme più vecchi all’istante. Ma proprio al Bentegodi, dove domani sera il Bologna si giocherà un pezzo d’Europa, sono legati alcuni dei ricordi più recenti e cruciali dei rossoblù.
Sponda Chievo, 12 aprile 2008. Su 18.000 paganti, Bologna ne porta quasi la metà. È un’invasione in piena regola, quella che porta a Verona 8.000 tifosi, per spingere la squadra di Arrigoni verso la promozione. Finisce 1-1 (illude Valiani, pareggia subito Pellissier), ma anche quel pari porta il mattoncino che servirà a superare in modo indolore la disfatta di Grosseto, per poi giungere al finale thriller con Messina, Mantova e Pisa.
Ancora sponda Chievo, 24 maggio 2009: i ragazzi di Papadopulo arrivano al Bentegodi stremati e con un piede in Serie B. Lo 0-0 finale non garantirebbe alcuna speranza, sennonché il Torino si suicida in simultanea 2-3 col Genoa e spiana la strada all’impensabile. Francesca Menarini a fine gara dichiarerà che il Bologna e il Chievo non si sono pestati i piedi: si pensa ma non si dice, peccato d’inesperienza. Cairo grida alla combine e retrocede. Felsinei salvi anche grazie a quel brutto pareggiaccio scaligero.
25 agosto 2019, prima giornata di campionato, Hellas-Bologna: Mihajlovic ha appena concluso il primo ciclo di cure anti-leucemia, ha perso trenta chili e dovrebbe osservare riposo assoluto. Invece chiede e ottiene dai dottori del Sant’Orsola di raggiungere Verona in auto blu, con mascherina sanitaria e protocollo speciale (spogliatoio sanificato riservato). La sua immagine a bordocampo ci fa dimenticare il risultato di quella serata, che in effetti non ha la minima importanza. Il Bentegodi quella sera diventerà lo stadio di Sinisa e del suo superumano attaccamento al lavoro, dunque alla vita.
E poi c’è Verona-Bologna, la partita che ancora si deve giocare: una tappa decisiva per entrambe le squadre, la prima per non retrocedere (sarebbe la terza caduta in B negli undici anni di gestione Setti), la seconda per alimentare un legittimo sogno europeo. Ancora una volta, c’è il vecchio Bentegodi nel destino.
Luca Baccolini
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