Bologna, è il momento di ritrovare equilibrio. In campo ma soprattutto nei giudizi
Bisogna essere onesti e avere memoria: anche al suo zenit sportivo, Sinisa Mihajlovic non stava simpatico a tutti. Fornisco rapidamente le prove: fine gennaio 2020, una manciata di giorni alle elezioni regionali animate dallo spauracchio sovranista (il COVID era un nemico sconosciuto, ma ancora per poco). Sardine in piazza Maggiore (non avevano ancora proposto lo stadio del frisbee), citofonate di Salvini in versione squadra narcotici, clima politico bollente. Ancora convalescente dopo il trapianto, Mihajlovic la butta lì: «Voterei la Borgonzoni». Cooosa? L’ala mancina della tifoseria insorge: «L’Emilia ti ha curato e tu voti l’opposizione? Ingrato!».
In quel momento Sinisa aveva appena vissuto il suo 38° match alla guida dei rossoblù, praticamente un intero campionato a cavallo di due. Il bottino era lusinghiero: 16 vittorie, 9 pareggi, 13 sconfitte, 57 punti, cifre mai viste da queste parti negli anni Duemila. Eppure, nonostante l’onda favorevole, l’icona Mihajlovic a Bologna cominciò a vacillare. Da allora – ma non certo per colpa di quelle elezioni – il passo dei rossoblù è vigorosamente rallentato (70 punti in 60 partite e media da 1,16, contro 1,5 del ciclo precedente). Uno-virgola-sedici: tanto, poco? Chi può dirlo. La proiezione, ragionando sempre algebricamente, dà poco più di 44 punti finali, che guarda caso è all’incirca il baricentro medio di un club da decimo (se va bene), undicesimo, dodicesimo posto (se va male). Il serbo aveva però raccolto una squadra da retrocessione certa e in questi (quasi) tre anni non le ha mai fatto venire il dubbio di poterla portare in Serie B, là dove Inzaghi – continuando in quel modo – ce l’avrebbe sicuramente portata.
È sufficiente una salvezza senza pensieri quando tutt’attorno soffia il vento del decimo posto obbligatorio? No, evidentemente. Ma il decimo posto, esattamente, dove conduce? Qualcuno l’ha capito? Possibile che la grafica della classifica ripartita in zona destra e sinistra (eredità televisiva di 90° minuto, contro la schermata unica dell’ormai defunto Televideo) possa influenzare l’umore e le decisioni di una piazza sportiva? Dopo 108 panchine (33 vittorie, 28 pareggi e 39 sconfitte), Mihajlovic sembra pagare lo scotto di un’ipnosi collettiva (il decimo posto!) come se fosse diventato naturale, scontato e dovuto viaggiare ben al di sopra della soglia salvezza. Ma un allenatore ingaggiato per salvare una squadra moribonda, e che in carriera non è mai andato oltre le prime sette posizioni, può essere accusato di manovrare male la macchina? Ho i miei dubbi. Ci vorrebbe più equilibrio di giudizio e più visione prospettica. Molto spesso ci si dimentica da dove si proviene e chi erano i propri compagni nei viaggi precedenti. Solo così si spiega il coro di giacobini che non aspetta altro che un gol di Immobile per chiedere la testa di Sinisa.
Luca Baccolini
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