Dopo una serie di risultati brillanti e prestazioni da stropicciarsi gli occhi, il Bologna tira il freno a mano. Già contro il Milan c’erano state avvisaglie di un piccolo sbandamento ma di fronte, seppur in assetto rimaneggiato, c’erano i campioni d’Italia in carica. Ieri a Verona il campanello d’allarme ha invece suonato forte, a testimonianza di un fisiologico e giustificabile rallentamento per una squadra che sin qui ha fatto i miracoli, perché 44 punti in 31 gare (38 in 25 sotto la gestione Motta) possono essere considerati tali.
Al Bentegodi la prima mezzora è volata via tra uno sbadiglio e l’altro. Scelte abbastanza discutibili, quelle di Thiago (Aebischer e Barrow in primis), ma se il BFC ha la classifica che ha non si può certo mettere in croce il tecnico italo-brasiliano per aver sbagliato due-tre undicesimi di una formazione. Hellas bruttissimo, peggio anche di quel Monza che a febbraio aveva espugnato il Dall’Ara con un solo tiro in porta e tanti svenimenti dal sapore di anticalcio. E infatti i rossoblù, giocando solo cinque minuti, hanno rischiato di pareggiare. Nota a margine, ma non meno importante, la direzione dell’arbitro Mariani (insieme al VAR Di Paolo): lacunosa o casalinga, scegliete voi l’aggettivo che preferite.
La sensazione è che i 15 punti restituiti alla Juventus (per adesso, perché tutto lascia presagire che ne vedremo delle belle) abbiano inconsapevolmente alzato un muro mentale sulle eventuali chance europee dei felsinei. Intendiamoci, qui nessuno tira la gamba indietro e la condizione fisica del Bologna ad oggi è ottimale, ma se non gira la testa c’è poco da fare. Juve che domenica sera sarà di scena al Dall’Ara. Mettiamo le mani avanti: giocando a calcio come questa squadra ha dimostrato di saper fare si possono conquistare dei puntoni pesanti contro chiunque, se invece lo spirito sarà quello di ieri si faticherà anche a superare la famigerata quota 51. Dispiace poi che i circa 4.000 tifosi rossoblù arrivati in terra scaligera non abbiano potuto festeggiare una vittoria, ma del resto nella vita non è sempre possibile avere ciò che si vuole: un applauso a loro, in ogni caso.
Un’ultima considerazione guardando al prossimo futuro. Col passare degli anni ho maturato una ‘filosofia’ di calcio nella quale nessuno è insostituibile: che Motta resti oppure no (resterà), che Dominguez e Orsolini lascino o meno le Due Torri (la partita dei rinnovi è sempre aperta), non cambia niente. Chi ha fatto bene non è detto si ripeta: quante volte abbiamo pianto per la partenza di giocatori (vedi Giaccherini, Diawara, Pulgar o lo stesso Verdi) che poi altrove si sono persi nel nulla o quasi? I cicli finiscono e talvolta ne cominciano altri inaspettatamente più belli, e ora a Bologna c’è chi il mercato sa farlo con una certa maestria.
Torniamo però con la testa sul presente, perché al termine del campionato mancano ancora sette partite ed è obbligatorio non mollare, possibilmente mantenendo alto l’entusiasmo. Chissà che stavolta…
Mario Sacchi
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