Bologna in media company: sedersi ai tavoli che contano può valere più di un centravanti a gennaio
Mentre il calciomercato continua ad imporre la bulimia di nuovi nomi, quasi sempre illustri sconosciuti noti soltanto agli addetti ai lavori (ad eccezione di Marko Arnautovic), una notizia di grande importanza è stata derubricata a tassello complementare dell’agenda sportiva nostrana: la nomina di Claudio Fenucci all’interno del consiglio della media company che regolerà i diritti TV del calcio italiano negli anni a venire. Con lui ci saranno Andrea Agnelli, Aurelio De Laurentiis, Guido Fienga e altri dirigenti di Udinese, Sassuolo e Sampdoria. Magari non cambierà nulla per le sorti immediate della classifica, ma sapere di essere rappresentati al tavolo economico più importante della Lega Serie A, quello che gestirà i miliardi di euro che manderanno avanti il movimento nell’era post-pandemica, dovrebbe suonare come una bella rivincita, soprattutto per la piazza che con Giuseppe Gazzoni Frascara reclamò invano per anni un posto al banchetto dei grandi.
Questo tipo di notizie resta invece sempre relegato agli adempimenti burocratici, come se l’arrivo di uno Swiderski o di un Supryaga avesse un impatto concreto nel futuro del club (sappiamo bene, invece, quanto il mercato di riparazione risolva assai pochi problemi). A proposito di prospettive a medio-lungo termine: è divertente allungare l’elenco delle società che negli anni recenti sono state indicate a modello, quegli esempi che il Bologna avrebbe dovuto seguire per puntare un po’ più in alto. Dal mitologico Chievo di Campedelli al Carpi di Bonacini, dall’Udinese dei Pozzo alla Fiorentina di Commisso, senza dimenticare l’invidiatissima Spal di Mattioli, che oggi è terza, sì, ma in Serie B. Ma si sa che l’equilibrio, dalle nostre parti, è scambiato per mancanza di ambizioni.
Luca Baccolini
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