Solo 4 vittorie a fronte di 10 pareggi e 10 sconfitte, con 22 punti nelle ultime 24 gare sulla panchina del Bologna (le 19 del girone di ritorno della scorsa stagione e le prime 5 di questo campionato). Per non parlare poi della modesta cifra tecnica espressa nell’ultimo anno, figlia di un cambio di paradigma calcistico che ha generato una vera e propria regressione rispetto a quanto lo stesso allenatore aveva saputo mettere precedentemente in mostra.
Si possono certamente discutere e sindacare le tempistiche dell’esonero di Sinisa Mihajlovic, perché il suo rapporto col BFC avrebbe dovuto terminare verosimilmente già in estate, ma le ragioni dell’allontanamento sono spiegate dai numeri ed erano onestamente sotto gli occhi di tutti. La parola fine tra le parti è stata decretata con l’esonero: l’era Mihajlovic appartiene al passato ed è da escludere un suo ritorno alla guida dei rossoblù, anche qualora la situazione non dovesse migliorare.
Un preambolo scontato ma necessario alla luce di un certo clima che si respira a Bologna, volto a sconfessare le motivazioni dell’esonero, minimizzando le responsabilità del serbo nell’ultimo anno di percorso e contemporaneamente picconando in maniera fin troppo ingenerosa l’uomo e il professionista Thiago Motta (emblematici i fischi di sabato sera dopo l’1-1 interno contro la Sampdoria). Farebbe sorridere, se la situazione non fosse sportivamente complicata, il pensiero che fino a poche settimane fa un buon 70% (e forse stiamo bassi) della tifoseria felsinea chiedesse a gran voce la testa di Sinisa, esasperata dal pessimo rendimento della squadra: dove sono finiti, adesso, costoro?
Motta è certamente alla ricerca del bandolo della matassa, forse anche per via di un trascorso da allenatore relativo. La particolarità del suo subentro è inoltre quella di trovarsi ad affrontare una sorta di precampionato con punti ufficiali in palio: come se fosse in ritiro, l’ex Spezia sta infatti conducendo diversi esperimenti (anche se non ama che vengano chiamati così), ha azzerato le gerarchie facendo ricorso ad ampie rotazioni (18 titolari diversi e 22 giocatori impiegati contro Empoli, Juventus e Sampdoria) e sta plasmando via via la squadra, faticando a mostrare con chiarezza le proprie idee di gioco. Nel calcio il tempo è tiranno, quindi il credito a sua disposizione non sarà infinito. Tuttavia, al netto delle difficoltà, voler giudicare in maniera definitiva il suo percorso bolognese dopo appena tre match appare quantomeno precoce, per non dire ingiusto.
Una precocità figlia anche di un campionato fortunatamente ancora in divenire: doveroso tenere la guardia alta, comprendendo e cercando di risolvere il prima possibile i problemi che si sono creati, un po’ presto invece per recitare il de profundis nei confronti di una squadra il cui valore complessivo è superiore a quanto mostrato finora, e di una stagione che vedrà la propria conclusione a giugno 2023.
Riccardo Rimondi
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