A suo tempo deridevo Adriano Galliani che si presentava in mixed zone con in mano faldoni di dossier cartacei per denunciare i presunti (molto presunti) torti che subiva la sua squadra. In realtà lo farei anche oggi, visto che di mezzo c’era il Milan e non il Bologna, diventato ormai il termine di paragone per misurare qualsiasi nefandezza commessa dalla terna, anzi, dalla squadra arbitrale. Già, perché un tempo potevi consolarti pensando: «In diretta non hanno visto/hanno visto male quel fallo». Oggi, con di mezzo il VAR (di cui io ero – e sottolineo ero – una grande sostenitrice), si ha invece fin da subito la certezza assoluto che in realtà… non vogliono vedere/vogliono vedere male.
Andata via anche questa pia illusione, al BFC non resta che leccarsi le ferite ogni domenica (e, storia di ieri, pure giovedì), con la certezza – un’altra – che a livello nazionale non ci sarà alcun figuro a difenderlo. Ma in effetti chi dovrebbe farlo? I giornalisti bolognesi, quelli più lanciati sui media dello Stivale, sono troppo impegnati a strombazzare i fatti di squadre di altre latitudini: di noi si ricordano solo se c’è da fare qualche critica alla società, all’allenatore, ai giocatori o addirittura alla tifoseria. Cornuti e mazziati, si dice dalle mie parti. Così come si dice chiagnere e fottere (dove ‘chiagnere’ significa ‘piangere’ e l’altra parola penso non ci sia bisogno di tradurla): la filosofia operata da molti club che ormai si nascondono dietro il motto «la Juve rubba» (no, non è un errore ortografico), salvo poi praticamente emularne le gesta ogni domenica (e giovedì).
I punti sono due: dov’eravate quando la suddetta Juve ‘rubbava’ davvero (a noi)? A memoria, in un mondo connivente e omertoso, l’unico a combattere realmente contro ‘la Cupola’ è stato il nostro presidente Giuseppe Gazzoni Frascara, rimettendoci inesorabilmente salute e denaro. L’altro punto: non è che a furia di ‘ammirare’ le gesta dei bianconeri, a qualcuno sia scattata una sorta di sindrome di Stoccolma? La capitale svedese può essere declinata con qualsiasi altra città dello Stivale… «La meraviglia di essere simili», come cantava Laura Pausini.
A noi invece non resta che ‘la solitudine’, tanto per restare in tema: neanche l’arrivo di una società forte, salda e seria, gestita da un galantuomo che paga di tasca sua, ringrazia e non ha bisogno di dopare i bilanci, ha potuto dare al Bologna quel rispetto che merita. In termini arbitrali (ça va sans dire) ma anche mediatici: perché quando vedi che se c’è da parlare male della piazza si scomoda pure un Fedez, mentre per difenderci da questo prolungato fuoco incrociato che ci piove addosso da tempo immemore non spunta anima viva, capisci che c’è davvero qualcosa che non va.
Giusy Anna Maria D’Alessio (tifosa rossoblù – sempre più fiera di esserlo – da Napoli)
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