Da Laxalt a Theate: la ruota dei talenti continua a girare, ma ora Bologna è una tappa solida e credibile
Quando Arthur Theate ha citato candidamente il percorso netto di Tomiyasu dalla Jupiler League belga alla Premier League inglese, sottintendendo che Bologna più che un trampolino è un ottimo sottopassaggio/scorciatoia, qualcuno ha arricciato il naso. Ma essere tenacemente ‘felsinocentrici’ non aiuta mai. Solo chi crede che all’estero vivano di mortadella e nostalgia per le Due Torri può pensare che Bologna sia un fine e non un mezzo, calcisticamente parlando: Bologna, ma potremmo dire Sampdoria, Torino, Udinese, Lecce, da decenni sono squadre-parcheggio in attesa di posteggi più prestigiosi (a meno che qualche mosca bianca non decida di eleggere qui il proprio domicilio e la propria ragione di vita).
Per molti calciatori del Nord Europa, arrivare in Serie A è ancora un grande obiettivo. Come ci si arriva, però, è un dettaglio. Negli ultimi anni il BFC si è guadagnato una solida posizione di credibilità internazionale essenzialmente grazie a tre fattori: la solidità e la longevità del management (le società mordi e fuggi – strano, vero? – non seducono); la dimensione delle sue infrastrutture (centro tecnico in primis, poi verrà lo stadio); gli esempi recenti mostrati dalle carriere di altri giocatori passati di qua e quadruplicati di valore. Sarà ozioso ripeterlo, ma per avere a disposizione talenti sempre migliori occorrerà vederne passare altri e altri ancora. Bisognerà abituarsi a vederli arrivare, certo, ma anche andare via. Se Tomiyasu dopo due anni valeva già una ventina di milioni, figurarsi cosa potrà capitare a Theate, che qui ha cominciato con due gol in tre partite. Partito il belga, se la ruota continuerà a girare così, ne arriverà uno ancora più forte.
Quelli che si sono sporcati le mani di vernice per invitare tutti (tutti chi?) a vergognarsi, forse non ricordano l’epoca in cui qui si viveva di prestiti secchi, diritti di riscatto non esercitati e fumose comproprietà. Penso, visto che siamo ormai in clima partita, al Bologna-Milan di otto anni fa, un bellissimo 3-3 che poteva diventare 4-3 se Diamanti non avesse preso l’incrocio dei pali sul finale. In quella partita si svelò il talento di Laxalt, doppietta all’esordio: prenderlo fu una grande intuizione, sì, ma poi? L’uruguaiano, come si sa, era dell’Inter. E a fine anno poco si dolse della retrocessione. La sua casa non sarebbe stata comunque Bologna.
Oggi le cose sono cambiate radicalmente. Chiunque vediate segnare adesso, al termine del campionato non tornerà automaticamente alla casa madre. È una differenza enorme, che si sottolinea sempre troppo poco. Pensate agli Hickey, ai Theate e ai Vignato di qualche anno fa. Se avessero segnato, cosa avremmo detto? Bravi, ma tanto a fine stagione… Ecco, questo non succederà più. Almeno finché Saputo avrà voglia di sopportare striscioni del genere davanti a Casteldebole.
Luca Baccolini
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