Date al Bologna quel che è del Bologna!
Questo non vorrebbe essere il solito discorso vittimista e provinciale sui grandi media che ignorano sistematicamente il Bologna. No, il Bologna non è ignorato come accadeva un tempo. Lo dimostrano i collegamenti sempre più frequenti di Sky Sport da Casteldebole, la pagina quotidiana dell’edizione emiliana sulla Gazzetta dello Sport, l’eccellente lavoro della società sui social network. Il problema è un tipo di approccio al fenomeno sportivo, che punta come una bussola rotta sul polo più forte. Analizziamo due casi recenti…
Primo: commentando l’esplosione di Musa Barrow, un giornalista ospite alla Domenica Sportiva elogia l’Atalanta (!!!) per il suo stupefacente lavoro sui giovani. Ma come? Il Bologna spende 13 milioni di euro (più 6 di bonus) nel mercato di gennaio scommettendo su un giocatore visto due minuti in Champions e in sette scampoli di partite con la Dea, lo porta a segnare 6 gol nelle prime 11 uscite in rossoblù, e il merito è solo della squadra che l’ha venduto? Possibile che la favola Atalanta (che pure è tale perché può permettersi di vendere a peso d’oro talenti di cui non saprebbe che farsi) vinca per forza sull’eccezionalità dell’impatto che Barrow ha avuto sotto le Due Torri?
Secondo: il Bologna vince contro l’Inter a San Siro per il secondo anno consecutivo, sempre con Sinisa Mihajlovic in panchina, e la gara in cui segnano due gambiani (mai successo nella storia della Serie A, visto che si parla del più piccolo Paese dell’Africa continentale) diventa automaticamente «la sconfitta di Antonio Conte». Ma possibile che il merito di una squadra non possa mai venir riconosciuto, esplicitato, dichiarato e, sia mai, lodato? Perché i top club devono sempre avere il primato della narrazione, sia che vincano, sia che perdano? Quanti punti dovrà fare ancora Mihajlovic per essere citato come il miglior tecnico in Italia degli ultimi tempi (insieme a Gasperini, certo), a prescindere dalla tragedia che l’ha colpito? Attendiamo fiduciosi.
Luca Baccolini
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