Centrocampista di talento e visione, classe 1998, già 7 presenze e una rete con la Nazionale maggiore argentina, Nicolas Dominguez è uno di quei profili per cui, non troppi anni fa, gran parte della piazza felsinea si sarebbe strappata i capelli. Un identikit, il suo, da giovane che viene scovato dall’Atalanta o dall’Udinese, fa faville fin da subito in Serie A e dopo un paio di stagioni viene rivenduto a peso d’oro. Una parabola, questa, che sembrava potesse svilupparsi solo a parecchi chilometri da Bologna, in piazze abili a instaurare uno specifico microclima che permettesse a virgulti come Nico di sbocciare in tutto il loro splendore.
Oggi Dominguez è un giocatore rossoblù, ma di quell’entusiasmo non è rimasto nulla. Il ragazzo sta faticando più di altri coetanei a prendere le misure alla nostra Serie A e alle idee di Mihajlovic, e nella mente di tanti il sogno che Nicolas potesse diventare un nuovo numero 8 di cui essere orgogliosi si è già rattrappito. Qualcuno ne avrebbe già desiderato la cessione, altri darebbero addirittura il benservito a Mihajlovic, se questo significasse arrivare ad un allenatore che sappia valorizzare le caratteristiche del ‘Principe’. Poiché Nico è di difficile collocazione nel 4-2-3-1 di Sinisa, tutto si riduce al ‘chi butteresti giù dalla torre?’ tra loro due, un passatempo che lascia il tempo che trova ed è sintomo di una fretta che mal si sposa col progetto giovani abbracciato dal BFC.
Se Dominguez fosse stato il diadema di una campagna acquisti dell’era pre-Saputo, non c’è dubbio che avremmo assistito ad un numero molto minore di disquisizioni tecnico-tattiche relative alla sua posizione. Sarebbe stato un titolare fisso in quasi tutti i Bologna visti da quindici anni a questa parte: a prescindere dal credo di ognuno, qualsiasi allenatore rossoblù che avesse potuto disporre di un talento del genere lo avrebbe schierato con continuità, con buona pace di chi lo vede più mezzala, trequartista o mediano davanti alla difesa. Il nativo di Buenos Aires, infatti, ha doti naturali superiori a buona parte dei centrocampisti ammirati sotto le Due Torri negli ultimi tre lustri e, anche se non perfettamente a suo agio nella porzione di campo scelta per lui, avrebbe reso meglio di alcuni compagni.
Il fatto che adesso il Bologna non abbia la stringente necessità di mandarlo utilizzarlo per forza, ma possa farlo crescere gradualmente, concedendogli il tempo di adattarsi al calcio di Mihajlovic e disponendo comunque di valide alternative nel suo ruolo, è una delle migliori fotografie che si possa fare della bontà del lavoro svolto in fase di costruzione dell’attuale organico. I felsinei, ora come ora, non hanno un bisogno disperato di Dominguez: è un’alternativa, una possibilità, una freccia nel ricco arco di cui (infortuni a parte) il mister dispone. Possiamo aspettarlo e concedergli di sbagliare, privilegio che – ad esempio – il suo coetaneo Tomiyasu sta perdendo: fino ad un mese fa il giapponese non doveva essere ceduto al Milan per meno di 30 milioni, oggi c’è forse chi lo accompagnerebbe personalmente a Milano per la metà.
Calma. Tomi ridurrà le sbavature, e Nico riuscirà ad adattarsi a ciò che gli chiede l’allenatore, così come nelle recenti gare è riuscito a fare molto bene Svanberg, un altro ragazzo dal grande potenziale sulla cui collocazione si era aperto più di un interrogativo. Dominguez non va accantonato come un giochino che non ci sta divertendo come speravamo, ma aspettato. Ne varrà la pena.
Fabio Cassanelli
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