Erick e i suoi ‘fratelli’, chi lascia Bologna fa un salto… nel vuoto
Quando la scorsa estate Erick Pulgar confessò di voler «fare un salto di qualità nella sua carriera» non aveva dichiarato in quale direzione. Ora invece è tutto più chiaro: otto punti e sette posizioni sotto il Bologna. Questo è il salto. Nel vuoto. Però a Pulgar non è andata così male come ad altri colleghi. Alcuni suoi predecessori, che come lui hanno mollato Bologna credendola una piazza più piccola delle loro ambizioni, hanno compiuto salti ben più dolorosi.
Pensiamo a Gaston Ramirez, che nel 2012 ruppe polemicamente con Albano Guaraldi e scelse Southampton, il porto che cent’anni prima vide salpare il Titanic: se l’uruguaiano non si è inabissato, certo ha conosciuto i fondali della B inglese, prima di rimettersi in pista in Italia, a sudare ogni anno la salvezza. E perché non citare Amadou Diawara, la cui fretta di lasciare le Due Torri dopo una stagione esaltante e rivelatoria lo ha tenuto tre anni nella parte del comprimario a Napoli (certo, consolato da un signor contratto…). Spiace mettere in questo girone anche Simone Verdi, che di qualità ne aveva da vendere, a patto di poterla esprimere in una dimensione su misura, adatta ad un talento esploso in ritardo e scoperto, guarda caso, proprio dal club rossoblù. Quel posto non era evidentemente Napoli.
Chissà se questi calciatori rifarebbero la loro scelta, col senno del poi. Di sicuro oggi chi decide che Bologna è una piazza troppo piccola deve fare i conti con un’altra realtà. O meglio: è il Bologna a poter decidere finalmente chi non ha sufficienti ambizioni per restare qui.
Luca Baccolini
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