È tutto vero: sto varcando per la prima volta l’ingresso del Dall’Ara. Sono elettrico, dopo anni passati ad ascoltare il Bologna per radio sono finalmente lì, ad un passo dai miei eroi.
Oddio, ad un passo. Mi trovo in un punto della Curva San Luca talmente alto che ho la sensazione di essere arrivato direttamente al Santuario. Io avrei voluto mettermi appiccicato alla pista d’atletica, ma papà s’è detto convinto che «dall’alto si vede meglio» e allora andiamo pure, continuiamo la scalata.
Mi siedo fra i miei genitori, perplesso: il campo si vedrà anche meglio ma da lì non riesco a distinguere i giocatori, e per quanto ne posso sapere Pagliuca potrebbe essere quello che sta andando su e giù sulla fascia come un motorino.
È per questo che quando al 18′ del primo tempo Mazzone fa un cambio tattico provocando una serie di borbottii dubbiosi, io sono l’unico felice in tutto lo stadio. Al posto di Sussi sta entrando Tare, e lui sì che è riconoscibile: non è che di armadi biondi se ne vedano molti, in giro.
Grazie mille per questo cambio, mister, sono sicuro che non te ne pentirai. Ora che so verso chi sto indirizzando il mio tifo, i rossoblù non tarderanno a segnare. E infatti…
La zazzera di Igli si nota talmente tanto che, poco più di dieci minuti dopo il suo ingresso in campo, una pedina che assomiglia terribilmente a Colucci gli pennella in testa un pallone da quaranta metri, l’albanesone salta e infila Castellazzi per il più classico dei gol dell’ex. È 1-0, ma non sarà la mia unica gioia del pomeriggio. Il Bologna, il mio Bologna, schianterà il Brescia di Baggio 3-0.
Sotto le Due Torri Tare segna un totale di 11 reti, e una di queste sono sicuro che purtroppo ce la ricordiamo tutti.
Da quel Bologna-Brescia è passato poco più di un anno, i rossoblù hanno vanificato una buona prima parte di campionato con una terribile infilata di risultati negativi e ora devono giocarsi la permanenza in A in un doppio derby fratricida.
Alla fine di quei 180 minuti è il Parma a salvarsi, nonostante nella gara d’andata Igli avesse fatto il suo, omaggiando i ducali della specialità della casa: colpo di testa decisivo per lo 0-1 finale del Tardini, ribaltato pochi giorni più tardi dallo 0-2 del Dall’Ara targato Cardone-Gilardino,
La retrocessione non consente a nessuno grosse illusioni, è chiaro che la Serie B sia troppo piccola e non possa contenere la stazza di Tare, che difatti quell’estate lascia un Bologna in ricostruzione e si accasa alla Lazio. Quella biancoceleste è la terza maglia italiana che il nativo di Valona indossa in una carriera iniziata in patria e proseguita in Germania, ma anche quella dentro la quale esulterà meno: solo 4 gol in 54 partite, prima di reinventarsi coordinatore dell’area tecnica prima e successivamente direttore sportivo, iniziando a fare il bene dei capitolini dietro ad una scrivania.
Sono passati dodici anni dalla sua svolta, da allora la Lazio ha vinto tre Coppe Italia e tre Supercoppe Italiane, e oggi insidia Juventus e Inter per lo scudetto. Dovesse riuscire nell’impresa, non dovrete affannarvi per individuare Tare al centro del campo: anche sommerso da coriandoli e da una folla in delirio, i suoi 192 centimetri e quella testa bionda saranno sempre perfettamente riconoscibili.
Fabio Cassanelli
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