Mentre questa riflessione viene scritta, il Bologna convive col poco onorevole record di 40 gare di campionato consecutive terminate con almeno un gol al passivo. L’ultimo match in cui i rossoblù sono riusciti a sigillare la propria porta risale addirittura al 25 settembre 2019 (guarda caso proprio a Marassi, anche se sponda Genoa), sportivamente un’era geologica fa. Era la quinta giornata di una stagione letteralmente straordinaria, complici le vicissitudini affrontate da Mihajlovic e l’ombra del COVID19, che nel girone di ritorno cominciò ad allargarsi anche sul calcio fino ad oscurarlo del tutto.
L’anno prima, Sinisa si era seduto sulla panchina felsinea per 17 volte, e in quel frangente i suoi ragazzi erano riusciti a mantenere la porta inviolata per 5 turni. Nel calcio, due più due non fa sempre quattro, ma questi dati sono sufficienti affinché in ogni sessione di mercato una nutrita parte della piazza rimpianga a gran voce Lyanco, il difensore brasiliano passato sotto le Due Torri proprio in quei sei mesi, i migliori nella storia recente del club.
È veramente tutto così semplice? Per registrare una difesa che subisce almeno una rete da più di un intero torneo sarebbe tanto determinante il ritorno di un giocatore che prima di arrivare qui era poco più di una scommessa, e oggi fatica a trovare continuità nel Torino, non convincendo mai a pieno quando scende in campo? Ad oggi, infatti, lo scarso rendimento pre e post parentesi bolognese ci dice che le grandi prestazioni offerte in rossoblù sono state l’eccezione della sua carriera, non la regola.
Il Toro ne detiene il cartellino dal 2017, un lasso di tempo da cui vanno sottratte l’esperienza fatta a Casteldebole e il mezzo anno trascorso in infermeria nel 2018. Nelle due stagioni in cui ha potuto giocarsi le sue chance in granata ha raccolto 24 gettoni, ovvero poco meno del doppio di quelli ottenuti nel girone di ritorno a Bologna (13). Se Mihajlovic lo ha schierato praticamente ogni volta che lo ha avuto a disposizione (saltò solo un Bologna-Juventus per scelta tecnica, era al rientro da un piccolo infortunio e il serbo scelse di non rischiarlo), lo stesso non hanno fatto gli allenatori che si sono succeduti alla guida dei granata.
Nel Bologna Lyanco venne investito di enorme fiducia e la ripagò in pieno, ma non è un sacrilegio sostenere che fu lui a beneficiare dell’atmosfera che il mister riuscì a generare più di quanto la squadra non abbia giovato della sua presenza. Quel gruppo aveva un piede e mezzo nel baratro, Sinisa trovò la chiave giusta per far rendere ogni elemento a sua disposizione al massimo delle sue potenzialità e questo si tradusse, nel caso del centrale classe 1997, nel miglior campionato della sua vita.
Lyanco è ancora molto giovane, se gli infortuni gli daranno tregua nulla vieta che in futuro possa riuscire a esprimersi anche a buonissimi livelli, ma al momento quei sei mesi in maglia rossoblù restano un lampo improvviso ed estemporaneo in una carriera altrimenti opaca.
Fabio Cassanelli
© Riproduzione Riservata – Disponibile anche in edicola sul numero 57 di Bologna Rossoblù Magazine
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