Finale di Champions 2027 tolta a Milano, un altro scivolone italiano. Bologna chiaro sul tema: senza stadi rinnovati non si riforma il calcio
Non sorprende granché la decisione del Comitato Esecutivo UEFA, che martedì a Praga ha deciso di revocare l’assegnazione della finale di Champions League 2027 allo stadio Meazza di Milano. Non sorprende al punto che persino il ministro dello sport Abodi ha parlato di scelta annunciata, visto che dopo l’inaugurazione dei Giochi olimpici invernali del 2026 lo stadio di San Siro potrebbe essere un cantiere aperto, sempre che vada in porto il progetto di costruire uno stadio nuovo.
Il nostro Paese non ospiterà così finali di Champions per almeno 12 anni (nella storia della competizione non aveva mai atteso più di 9), ammesso che il turno buono arrivi nel 2028, appunto dodici anni dopo il derby madrileno giocato al Meazza nel 2016. Se su Milano è calato il sipario, non è detto che sia l’ultima parola sull’Italia tout court: con le candidature riaperte, infatti, la FIGC sta valutando la possibilità di mettere in campo l’Olimpico di Roma, unico impianto che al momento sarebbe in grado di soddisfare i requisiti richiesti dalla UEFA. La risposta definitiva è attesa entro maggio 2025.
Lo scivolone italiano getta comunque una luce negativa sull’intero sistema stadi, svariate volte indicato come il principale punto debole del nostro calcio dall’a.d. rossoblù Fenucci. Il Bologna, su questo tema, è sempre stato molto chiaro: riformare il princiale sport nazionale passa necessariamente per un radicale rinnovamento degli stadi e delle loro infrastrutture circostanti. Non superfetazioni, non aggiunte, non messe a norma in extremis, ma impianti rinnovati, adeguati agli standard internazionali.
Ecco perché Saputo ha subito iscritto il BFC alla corsa per la ristrutturazione totale dello stadio, senza aspettare aiuti statali o congiunture economiche favorevoli, ma iniziando già a investire sulla struttura esistente, rendendola in grado di ospitare la Champions League alla prima occasione disponibile (si è dato per scontato che Bologna-Shakhtar si sia giocata al Dall’Ara, quando sappiamo che di scontato non c’è stato nulla).
E allora sarebbe bello che nel 2032, in vista degli Europei che l’Italia organizzerà assieme alla Turchia, Bologna e il Dall’Ara fossero un punto fermo del torneo, oltre a Milano, Roma e Torino, già certe di esserlo. Mancano due anni per la lista definitiva, ma l’esperienza insegna che due anni nel cronografo del calcio passano in un lampo.
Luca Baccolini
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