Il Bologna sta reimparando a giocare a calcio, chi tiene davvero alla squadra adesso deve sostenere Motta
Attaccarsi subito alla sfortuna è una cosa alquanto discutibile, ma quando la partita si incanala in un certo modo diventa anche difficile non tirarla in ballo. L’Empoli di Zanetti, mascherato da Venezia, arriva al Dall’Ara col chiaro intento di portare via un punto, tanto da non accettare i regali confezionati dalla retroguardia felsinea nei primi venti minuti. Da lì in poi è un crescendo di emozioni e finalmente buone trame di gioco, sfociate in una ripresa quasi arrembante dei rossoblù, che tra pali, traverse e un rigore concesso e poi negato per due centimetri di offside stendono al sole la squadra toscana, forse la più in difficoltà vista sin qui sotto le Due Torri. Il calcio, però, è tendenzialmente bastardo, e nell’unica occasione sono proprio gli ospiti a passare in vantaggio, per poi chiudersi a doppia mandata in fase difensiva. Il match, dunque, termina addirittura con un k.o. immeritatissimo: già un pari sarebbe stato un sacrilegio, figuriamoci concedere l’intera posta in palio.
Ora, per essere diretti a costo di diventare antipatici, c’è chi di questa sconfitta sembra provare piacere, l’aspettava con brama. Perché Mihajlovic, perché la società, perché c’è aria di frustrazione mista a rabbia… Frustrazione che peraltro da tifoso posso anche comprendere: dopo mezzo secolo di risultati che non arrivano quasi mai si tende lievemente a spazientirsi e a non perdonare più nulla, ci sta. A dimostrarlo è stato il brusio di fine gara, con in mezzo qualche fischio (non dalla Curva Andrea Costa), verosimilmente a punire più le annate precedenti che non quella in corso, finora avara di soddisfazioni ma che confidiamo possa andare in crescendo.
In cinque giorni Thiago Motta ha modificato modulo e filosofia, dimostrando di avere le idee piuttosto chiare e nessun timore. Al momento non c’è di che gioire per i risultati, ma non bisogna nemmeno sprofondare nel catastrofismo totale, illogico per quanto visto oggi in campo e per il valore della squadra. Una squadra che passo dopo passo dovrà reimparare a giocare a calcio, per così dire, dopo oltre un anno trascorso ad erigere un muro nella propria area piccola per poi lanciare lungo su Arnautovic. Il ciclo di Mihajlovic, iniziato alla grande e finito nel grigiore, è durato fin troppo, e sarebbe già sufficiente che la piazza non si dividesse su questo per ritrovare la retta via: ci sarà da lottare a testa bassa e con umiltà su ogni pallone da qui al prossimo giugno, ma l’obiettivo di una classifica serena e magari anche intrigante potrà essere raggiunto solo sostenendo il nuovo mister e remando tutti nella stessa direzione.
Mario Sacchi
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