Con Silvio Berlusconi scompare in Serie A l’ultimo modello di presidente vecchia scuola, il patron-tifoso, quello tutt’uno con la squadra e la comunità di cui era diretta espressione. A Bologna figure simili sono state interpretate solo da Renato Dall’Ara e Giuseppe Gazzoni Frascara, che non a caso incrociò la parabola imprenditoriale di Berlusconi quando, all’alba di Publitalia, la Dietorelle si affidò al tycoon milanese per affermarsi nel panorama mediatico.
Il confronto tra il Milan di Berlusconi e il Bologna degli ultimi trent’anni è impietoso, ma indimenticabile resta la beffa dell’agosto 2008, quando i felsinei, neopromossi, sbancarono San Siro 2-1 con Di Vaio e Valiani: era il Diavolo dei vari Ronaldinho, Shevchenko, Inzaghi, Seedorf, Pato e Thiago Silva (nonché di Kakà, che quel giorno era assente: si sarebbe trovato Bombardini terzino sinistro come marcatore…). Berlusconi quel giorno uscì dal Meazza facendo i complimenti al BFC. Undici anni prima il suo Milan aveva venduto per 5,5 miliardi di lire un certo Roberto Baggio, sgradito all’allenatore Fabio Capello e dunque invitato a lasciare il club rossonero, che nel 1995 aveva pagato 18 miliardi per il suo cartellino. Un grande favore ai rossoblù, col senno del poi.
Ma l’importanza di Berlusconi nella vita del Bologna risale a qualche anno più indietro, ovvero all’estate 1987: nell’arco di due stagioni arrivarono sotto le Due Torri nove uomini dall’Ospitaletto (compreso il tecnico Gigi Maifredi), una scelta che il presidente di allora, Gino Corioni, mutuò direttamente da Berlusconi, innamoratosi di Arrigo Sacchi, l’outsider pescato dal Parma in Serie B. Certo Ospitaletto non era Parma, bensì una minuscola realtà sportiva bresciana che aveva appena guadagnato la sua prima ribalta in C dopo decenni di Promozione e Prima Categoria. La decisione radicale di Corioni era forse molto più rischiosa di quella di Berlusconi, ma paragonando i pesi specifici dei due club con le rispettive scommesse non c’è poi molta distanza.
Berlusconi ha incarnato un calcio rampante, sfacciato, vincente, costruendo una delle squadre più forti di tutti i tempi. E lo ha fatto, difficoltà doppia, affiancando in parallelo l’attività politica. Iniziata simbolicamente proprio a Bologna, quando il 23 novembre 1993, in un territorio ancora sconvolto dalla ‘svolta della Bolognina’ e dallo scioglimento del PCI, si presentò a Casalecchio di Reno per inaugurare quello che venne subito chiamato ‘Euromercato’, un centro commerciale enorme, emblema di un nuovo modo di concepire il commercio. Sul tetto fece innalzare un biscione girevole, il simbolo delle sue aziende visibile da mezza Bologna. Da lì a poche settimane sarebbe arrivata la ‘discesa in campo’.
Luca Baccolini
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