Il teorema del bidone
Non ne usciremo migliori. Non sta bastando una pandemia a farci cambiare approccio verso tematiche ben più importanti, figurarsi se potrà mai avvenire una rivoluzione nell’approccio al calcio. È stato sufficiente che nei giorni scorsi si riportasse l’interesse del Bologna per Andrea Favilli (il cui arrivo resta peraltro condizionato alla partenza di Federico Santander) per scatenare nei suoi confronti la solita selva di commenti sprezzanti.
Ho toccato il tema in un articolo di quattro mesi fa, involontariamente: commentando la crescita esponenziale di Riccardo Orsolini in rossoblù mi sono trovato a ripercorrere il suo periodo di carriera più incolore, quando il tandem d’attacco con Favilli ammirato all’Ascoli era soltanto un lontano ricordo. ‘Orso’ era stato girato in prestito dalla Juventus all’Atalanta, ma nemmeno a Bergamo stava riuscendo a ritagliarsi il suo spazio, tanto che quando infine arrivò nel capoluogo emiliano venne accolto – per usare un eufemismo – perlopiù con scetticismo. Ma oggi, in un’ipotetica classifica di beniamini, sono sicuro che quasi nessun tifoso del BFC lo estrometterebbe dal podio.
E allora, come mai fatichiamo tanto ad imparare la lezione? Perché, qualora il ragazzone di Pisa dovesse sbarcare a Casteldebole, quella di Favilli non potrebbe diventare nel 2021 una della maglie più vendute? Da quanto tempo una larga fetta della piazza ha cominciato, per partito preso, a contestare qualsiasi potenziale nome in entrata?
Non sono poi così lontani i tempi di Simone Verdi, prelevato dal Milan nell’indifferenza generale e diventato un pilastro della formazione di Roberto Donadoni. Mitchell Dijks, poi, anche se a parametro zero non lo voleva nessuno, perché all’Ajax era finito fuori rosa dopo svariate noie muscolari. Mattia Bani era un rincalzo senza carne né pesce, Takehiro Tomiyasu («un giapponese che gioca nel campionato belga?») sembrava il perno di una barzelletta che non fa ridere, più che di una difesa da parte sinistra della classifica in Serie A, e il profilo di Musa Barrow aveva fatto storcere il naso persino ad un ‘vecchio’ lupo di mare come Walter Sabatini.
Questi cinque giocatori (ma non vanno dimenticate pure alcune ‘giovanissime’ intuizioni, dalla Nigeria di Okwonkwo e Kingsley all’Islanda di Baldurrson, sintomo di un’area scouting sempre più evoluta), sono stati portati a Casteldebole da quel Riccardo Bigon certamente non esente da critiche, sia per aver sbagliato qualche acquisto che per alcune dichiarazioni infelici, ma a cui specialmente adesso che si sta discutendo del suo probabile rinnovo andrebbe riconosciuto un po’ più di credito. Al netto di qualche innegabile abbaglio, infatti, l’ex d.s. di Napoli e Verona ha dimostrato ben prima che gli venisse affiancato Sabatini di saper pescare jolly in grado di fare la fortuna del club.
A cosa si deve, quindi, questo disamore nei suoi confronti, se non addirittura nei riguardi di alcuni calciatori per i quali, se vestissero un’altra maglia, ci si macererebbe dall’invidia? Si pensi ad Andreas Skov Olsen, uno di quegli identikit che hanno abitato i sogni felsinei per anni, e che è già stato bollato come un ragazzino indolente e troppo fragile per il campionato in cui è stato catapultato. È il ‘teorema del bidone’: [Preso un giocatore X e inserito nella squadra Y, egli sarà certamente un fenomeno. Preso lo stesso giocatore X e inserito nel Bologna, egli sarà certamente mediocre].
È ovvio che al tifoso non si chiede obiettività, lo si snaturerebbe, ma non è forse vero che la contestazione a prescindere non rientra nelle ideali caratteristiche di un appassionato/innamorato? Personalmente non sono un promotore del concetto per cui il sostegno vada garantito sempre, anche contro ogni evidenza, ma ritengo che sotto le Due Torri (specie sui social, croce e delizia del nostro tempo) si stia pendendo pericolosamente – e inspiegabilmente ‒ nel senso opposto.
Fabio Cassanelli
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