Il viaggio verso l’Europa è ancora lungo e difficile, ma se esiste questa prospettiva è grazie a Saputo
Diciamo subito che Mihajlovic, con le sue uscite poco ortodosse, ha offerto ottime maniglie a chi non vedeva l’ora di criticare la società. «Non ci vuole un ingegnere nucleare per capire che…» è musica per tutti coloro che non si azzardavano ad attaccare frontalmente Saputo e le scelte dei suoi manager. A me viene invece istintiva una domanda: dove pensavano che sarebbe arrivato il Bologna quest’anno? Che cosa speravano che diventasse all’improvviso il Bologna?
La veemenza di chi punta il dito contro il club cavalcando il palese scontento del suo allenatore autorizza a credere che per il 2020/21 ci fossero grandi traguardi all’orizzonte, forse persino la qualificazione in Europa League. Eppure non mi pare che nessuno, almeno a Casteldebole, l’abbia mai sventolata come missione imprescindibile. Tutt’al più vagheggiata, evocata, accarezzata, ma mai dichiarata come traguardo esplicito. Persino Sinisa, da 18 mesi a questa parte, è passato da fieri annunci avanguardisti a più miti posizioni conservatrici, seppur screziate da sbuffi di insoddisfazione.
Far finta di dimenticare le condizioni eccezionali dell’ultimo biennio (per gli smemorati: un tecnico a mezzo servizio a causa della leucemia e l’emergenza COVID) significa vivere un’altra realtà, irrorata di presupposti che nulla hanno a che fare con quello che stiamo vivendo. Sarà impopolare sostenerlo, ma persino i 12 punti di questo traballante inizio di stagione, una media da salvezza tranquilla, sono un parziale più che dignitoso, da rimpolpare ma non da disprezzare. E bene ha fatto Mihajlovic, insieme al club (a proposito di sintonia), a mandare un segnale di insoddisfazione a giocatori e staff, ordinando il ritiro fino a Natale.
Qualificarsi in Europa è una cosa seria, e difficile. Ci riuscì il Bologna in una Serie A molto diversa da quella di oggi, con 18 squadre e un numero molto più ampio di accessi. E per farcela non serve solo un grande campionato, ma occorrono infrastrutture, un fatturato e tutto un contorno che al momento ancora non ci sono. La fortuna è avere un proprietario che a queste cose sta pensando con investimenti che superano i confini del mecenatismo e rasentano quelli della beneficenza. Non dimentichiamocelo. Perché quando si sarà stancato, sarà sempre troppo tardi.
Luca Baccolini
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