In attesa del prossimo sindaco, Saputo lo è già
Non avrà ancora portato il Bologna tra le prime otto della Serie A, ma in compenso Joey Saputo sta risolvendo molte grane alla città che ha deciso di benedire con la sua presenza (una presenza non dovuta ma nemmeno casuale: di questo dovremo sempre ringraziare l’essenziale trait d’union Marco Di Vaio). Come un sindaco aggiunto, in soli sei anni ha proposto o sta addirittura sistemando due annosi temi che gravavano sulle amministrazioni locali e che nessun sindaco aveva mai avuto neanche intenzione di affrontare: il consolidamento e il restauro dello stadio e, più di recente, il rilancio di un parco agroalimentare che rischiava il naufragio.
Se dieci anni fa qualcuno vi avesse detto: «Sta per arrivare un imprenditore che si sobbarcherà il 60-70% dei costi del rifacimento del Dall’Ara e il 100% di quelli del nuovo centro tecnico, poi proverà pure a rendere più appetibile la ‘Disneyland del cibo italiano’ costruendoci uno stadio temporaneo», cosa avreste pensato? Alla profezia di un folle? E invece è ciò che sta accadendo. Forse ci sarà bisogno di più tempo per comprendere la portata storica che quest’uomo sta imprimendo al corso degli eventi. Ma l’indirizzo è lampante: l’effetto Saputo non si sta riverberando solo sulla squadra (a ritmi, è vero, più lenti di quanto era lecito aspettarsi), ma è ormai tangibile anche sulla vita politica, urbana e civile della città.
Con tali scenari in ballo, discutere delle abilità di un terzino destro in arrivo o di un mediano mancino in uscita appare non riduttivo, ma persino ridicolo. Se inoltre pensiamo alle difficoltà che altre società vicine (vedi la Fiorentina) stanno incontrando nel conciliare risultati sportivi, crescita del club e nodo infrastrutture, non ci sono molti dubbi sulla parte da sostenere in questa vicenda. Ma i primi a congratularsi con Saputo dovrebbero essere proprio gli amministratori, sgravati – senza particolari meriti – di responsabilità storiche enormi. Chi avrebbe mai avuto il coraggio di metter concretamente mano al quasi centenario Dall’Ara?
Luca Baccolini
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