La Cremonese sì, il Bologna no. La Coppa Italia dei rimpianti e le riforme che servono per cambiarla
L’attuale formato della Coppa Italia è la plastica concretizzazione dello status quo italiano e della sua spudorata difesa ad oltranza: squadre di vertice chiamate in causa solo dagli ottavi in avanti, turno unico tranne la semifinale, che con la gara di andata e ritorno funge da ultima diga per ‘ammazzare’ eventuali intrusi arrivati sin lì. Finché non si farà qualcosa di concreto per cambiare le regole d’ingaggio di questa manifestazione, non si capisce come il nostro calcio possa reclamare credibilità in altre sedi, nazionali e internazionali.
Ecco perché la presenza tra le quattro semifinaliste della Cremonese, ultima in classifica e con un piede già in Serie B, è un colpo micidiale assestato al sistema plutocratico del calcio di oggi. E fa rabbia pensare a quante volte il Bologna avrebbe potuto trovarsi lì, a fare quello che fanno oggi e con pieno merito i grigiorossi, a giocarsi in tre partite la possibilità di alzare un trofeo che, lo ribadiamo, se vale poco è solo per colpa del suo attuale format.
A Matteo Marani, in corsa per diventare presidente di Lega Pro, auguriamo di poter incidere ‘dal basso’ per avviare un processo di riforma dell’unico torneo italiano capace di mettere sullo stesso palcoscenico, e con sviluppi imprevedibili, le formazioni delle tre categorie professionistiche. Non sarà facile, ma un calcio diverso passa anche da una Coppa Italia diversa. E un Bologna diverso, come non ci stancheremo mai di ripetere, passa anche da un approccio diverso a questa competizione.
Luca Baccolini
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