La Coppa Italia, così com’è attualmente strutturata, rasenta la farsa. Altro non è che una corsa fra automobili, nella quale quelle vecchie e dalle sgasate nauseabonde cominciano dall’inizio del tracciato, mentre i bolidi fiammanti sono autorizzati a entrare in gara a metà percorso. Vince chi arriva primo.
Eh, grazie al… telaio.
Anche con queste premesse, però, ogni anno è doloroso assistere all’uscita di scena del Bologna. In fondo al torneo, come un miraggio, si trovano un trofeo e l’accesso automatico all’Europa League per l’anno successivo. Sapere entrambi quasi irraggiungibili, allevia solo in parte l’amaro in bocca che si prova ad ogni eliminazione.
Sarebbe bello che nel terzo turno eliminatorio, in programma domani alle 15 contro la Reggina, di inedita non ci fosse solo la cornice autunnale, ma anche la mentalità con cui i rossoblù approcceranno il match. Ormai è consuetudine: da anni la Coppa Italia viene considerata una parentesi all’interno della quale poter ammirare in blocco i giocatori che raccolgono meno minuti in campionato, una sorta di Bologna-B o C, sperimentale e non proprio da ricordare.
Certamente sarà importante operare un po’ di turnover, sia per far riposare i titolari che per far trovare un po’ di fiducia a chi finora ha scaldato la panchina, ma sarebbe anche un bel segnale di ambizione se domani e per tutta la durata della competizione Mihajlovic non rinunciasse in toto alle sue certezze, e ad alcune seconde linee affiancasse giocatori di sicuro rendimento.
Da Costa; Calabresi, Denswil, Paz, Mbaye; Kingsley, Baldursson; Vignato, Dominguez, Sansone; Santander. Si riuscirebbe effettivamente ad allestire un undici formato interamente da calciatori che per motivi diversi potrebbero avere qualcosa da dimostrare, ma quanto sarebbe controproducente se buona parte di questi ragazzi domani pomeriggio fossero schierati in contemporanea? Un intero organico già mentalmente provato da quattro sconfitte immeritate rischierebbe di venire affossato da una compagine dal tasso tecnico inferiore, e le osservazioni fatte sui singoli risentirebbero comunque dell’eccezionalità della situazione.
Spesso, come lacune che giustificassero una pessima prestazione in coppa, sono state sbandierate la mancanza di abitudine a disputare tre gare in una settimana e la panchina troppo corta per poter arrivare fino in fondo al torneo. Ma è davvero insostenibile, per il BFC, giocare una manciata di partite in più all’anno? Ipotizzando per un momento che gli uomini di Sinisa conquistino la finale, significherebbe aggiungere sette match, spalmati su un’intera stagione, ad un calendario unicamente composto da turni di campionato. Inoltre, mai come stavolta (brutti infortuni a parte) i felsinei hanno una o più alternative per ogni ruolo, e allora perché non stringere i denti al momento opportuno e cercare di onorare la competizione?
I top club hanno troppi interessi a mantenere inalterata la formula della Coppa Italia, e ipotizzare un torneo stile FA Cup nel nostro Paese è da illusi, ma questo non deve essere un alibi preventivo per snobbare anno dopo anno l’unica coppa a cui – attualmente – il Bologna concorre anche solo di diritto.
Fabio Cassanelli
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