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La pesante eredità di Motta e il futuro del Bologna: guida rapida ai principali candidati per la panchina rossoblù

La pesante eredità di Motta e il futuro del Bologna: guida rapida ai principali candidati per la panchina rossoblù

Ph. Getty Images

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La separazione ufficializzata giovedì scorso da Thiago Motta impone a Bologna e al Bologna di guardare oltre, alla ricerca di una guida tecnica capace di raccogliere la pesante eredità lasciata dall’italo-brasiliano, destinato alla Juventus. Le voci che si rincorrono in questi giorni sono innumerevoli, come normale che sia, pertanto abbiamo deciso di fare ordine analizzando in breve carriere e caratteristiche dei candidati più attendibili, escludendo coloro che appaiono irraggiungibili (Roberto De Zerbi chiama 5 milioni d’ingaggio, c’è un indennizzo di circa 10 milioni da versare al Brighton e la sua volontà sarebbe quella di restare in Premier, magari al Manchester United) o rappresentano semplici suggestioni, è il caso di Mattia Croci-Torti (Lugano) ed Eusebio Di Francesco (Frosinone), senza dimenticare quell’Igor Tudor che potrebbe rompere il suo contratto con la Lazio e sembra riscontrare – non da oggi – il gradimento del d.t. rossoblù Giovanni Sartori.
Una premessa fondamentale: i seguenti profili rientrano nel perimetro degli allenatori ‘giochisti’, ma sarebbe inutile ricercare nel sostituto di Motta un successore capace di replicarne l’operato, questo perché ogni allenatore porta – giustamente – in dote la propria tipologia e metodologia di lavoro, oltre che le proprie idee e la capacità di trasmetterle, convincendo i calciatori di poterle mettere in pratica sul campo.

Vincenzo Italiano – Quello tra il Bologna e l’allenatore nativo di Karlsruhe, 46 anni, rappresenterebbe un matrimonio davvero conveniente e stimolante per entrambi: da un lato la possibilità di ripartire con un tecnico rampante e affamato e dall’altro la voglia di compiere un importante step di carriera, quella Champions League da affrontare dopo tre stagioni alla Fiorentina coronate da altrettante qualificazioni europee e da avventure in Conference League ed in Coppa Italia portate quasi sempre fino in fondo. Ironicamente a Firenze è stato soprannominato ‘Iraniano’ per la pervicacia con cui porta avanti un calcio (impostato sul 4-3-3 o 4-2-3-1) fatto sì di possesso palla ma anche di pressing, riaggressione e numerosi rischi presi durante le gare, con tanto campo concesso agli avversari. Ma alla luce dei risultati elencati, i dividendi sembrano interessanti.

Raffaele Palladino – Il 40enne tecnico campano, pupillo dell’ex patron Silvio Berlusconi, sembra in procinto di lasciare Monza dopo due campionati di buonissimo livello: l’impatto con la Serie A, assaggiata per la prima volta il 18 settembre 2022 dopo l’esonero di Giovanni Stroppa, è stato notevole e ha mostrato una certa duttilità, nei moduli (dal 3-4-2-1 al 4-2-3-1) e nell’interpretazione di diverse partite, forse influenzata da un’identità ancora in fase di costruzione e da una rosa che nel tempo è cambiata molto. Alla base del suo calcio sembrano esserci, come per Motta, un possesso palla controllato e una costante ricerca della costruzione del basso, con un risultato davvero gradevole sul piano estetico (salvo qualche eccezione dettata dalla classifica o dalla forza degli avversari, a Bologna ne sappiamo qualcosa).

Stefano Pioli – È passato un decennio abbondante da quel funesto esonero del 7 gennaio 2014, nel frattempo è cambiato il Bologna, è cambiato Pioli ed è cambiato il calcio. Il 58enne tecnico parmense si è via via costruito una carriera di tutto rispetto tra Lazio, Inter, Fiorentina e soprattutto Milan, dove nel 2022 ha vinto uno scudetto e nel 2023 ha raggiunto le semifinali di Champions League. La sua proposta, contraddistinta da aggressività senza palla, rapide verticalizzazioni, ricerca costante dell’uno contro uno sulle fasce e lunga conduzione della sfera, non si può definire innovativa o spumeggiante ma ha senza dubbio dato i suoi frutti. Da segnalare, nello specifico, la mossa sdoganata insieme a Luciano Spalletti di chiamare un terzino (nel suo caso Theo Hernandez) a giocare dentro il campo trasformandosi in un secondo mediano, qualcosa che qui abbiamo visto in particolare con Cambiaso nella passata stagione. I moduli prevalenti (4-3-3 e 4-2-3-1), la signorilità e l’esperienza europea giocano a suo favore, ma la sensazione è che dopo tanta Italia il buon Stefano preferirebbe un’esperienza all’estero.

Maurizio Sarri – Anni 65 per ‘il Comandante’, cosi ribattezzato durante la sua esaltante avventura a Napoli dal 2015 al 2018: quei picchi di calcio ai limiti del sontuoso (imperniato sul 4-3-3) non sono forse più stati toccati nelle successive esperienze con Chelsea e Juventus (che però l’hanno visto conquistare rispettivamente un’Europa League e uno scudetto) e di recente a Roma sponda Lazio. Troppo evidente, durante l’ultima esperienza in terra capitolina, l’impronta lasciata da Simone Inzaghi, con una squadra che amava esaltarsi in verticale sfruttando i tanti spazi a disposizione: una costante e stressante ricerca del compromesso andata a segno nei primi due anni (quinto e secondo posto) ma non nel terzo (dimissioni il 13 marzo). Il carattere burbero, la possibile mancanza di stimoli e una certa allergia alle rose ampie non sono incognite da poco, ma chissà che ritrovando un ambiente e dei giocatori a lui più congeniali non rispunti anche il vero Sarri, un autentico maestro di calcio.

Domenico Tedesco – Un’idea seducente quella del 38enne allenatore nativo di Rossano e cresciuto in Germania, il cui curriculum tradisce la giovane età, visto che allena tra i professionisti dal 2017: Schalke 04, Spartak Mosca, Lipsia e dal 2023 la Nazionale belga, queste solo alcune delle esperienze vissute da capo allenatore. Capace di ottenere risultati positivi sia con la difesa a 3 che con quella a 4, la sua formazione professionale tedesca sfocia in un calcio dominante fatto di feroce contropressing e verticalizzazioni veloci, per una scelta che avrebbe un gradevole sapore internazionale. Il principale ostacolo è rappresentato appunto dall’attuale impegno col Belgio, abbracciato non più tardi di un anno fa (contratto fino al 2026, eventuale Mondiale compreso), e dalle conseguenti tempistiche di approdo non brevissime, vista l’imminente partecipazione a Euro 2024.

Riccardo Rimondi

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Foto: Getty Images (via OneFootball)