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L’uomo del destino si chiama Sartori, il super direttore che crea capolavori senza nemmeno usare WhatsApp

Bologna, mercato complesso tra cambiamenti, ostacoli, esigenze e aspettative. Ma niente paura, c'è Sartori

Ph. bolognafc.it

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Dice di non avere WhatsApp e la cosa, se fosse vera, susciterebbe subito la nostra invidia. Giovanni Sartori vive evidentemente in un mondo parallelo, al vertice di una piramide decisionale in cui non è necessario essere dotati degli strumenti tecnologici di noi comuni mortali. Chissà se il segreto di questo Bologna da Champions sta anche in tale dettaglio, rivelatore di una personalità inafferrabile, superiore, altra, come spesso si favoleggia a proposito dei grandi manager.
Non che le divinizzazioni piacciano ad un uomo concreto come Sartori, cresciuto sul campo e sui campi, dove nel corso del tempo ha plasmato realtà sportive durature, degne ancor oggi di esser ricordate. Ma se Chievo e Atalanta sono stati i suoi capolavori indiscussi, il Bologna rischia di essere quello che li supererà, non foss’altro che per la potenziale forza economica del suo proprietario. Stufo di bilanci in rosso, Saputo ha capito che migliorare la classifica avrebbe portato a far crescere anche il listino dei suoi talenti. Non più cessioni a 8, 9, 10 milioni, ma a 20, 25, 30, tanto quanto valgono oggi (per difetto) i primi tre calciatori della rosa. Sartori gli sta permettendo tutto ciò.
Ora si capisce bene perché Joey abbia aspettato pazientemente che l’uomo del suo destino si liberasse dall’Atalanta: mentre la Dea in un quinquennio raccoglieva tre qualificazioni in Champions, altrettante in Europa League e due finali di Coppa Italia (il tutto con margini positivi superiori a 160 milioni di euro), il BFC accumulava bilanci in perdita per oltre 100 milioni.
Sartori però non è stato soltanto il d.t. che ha avuto il coraggio di rimuovere il calciatore simbolo della squadra a dispetto di tutti (quell’Arnautovic che da solo costava come quattro giocatori titolari), ma è soprattutto quello che ha ridimensionato e normalizzato il monte ingaggi. Prima di lui, il Bologna pagava quasi un milione di euro a stagione Mbaye, solo per rendere l’idea.
Il passo in avanti definitivo è quello che ha sdoganato la parola Europa. In una vecchia intervista, Sartori disse che bisogna sempre nominare ciò che si desidera, per renderlo più concreto. È quello che sta accadendo sotto le Due Torri, e in tempi molto più rapidi di quanto si potesse immaginare.

Luca Baccolini

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