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Marko come Destro? A conti fatti, i loro primi due anni non sono così diversi

Lerager risponde a Destro, nel finale decisivo Radu: Bologna-Genoa 1-1

Ph. Damiano Fiorentini

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L’unico attaccante del Bologna con cui è possibile paragonare Marko Arnautovic, per vicinanza di ruolo, tempo e aspettative, è Mattia Destro. Paragonare non significa equiparare: le differenze di atteggiamento, leadership e impatto sulla squadra sono lampanti. Destro ha sempre sofferto, qui più che altrove, di un sostanziale scollamento tattico che si riverberava sul carattere e sulla sua convivenza con l’ambiente. Arnautovic, al contrario, è un calciatore capace di cambiare da solo il temperamento del gruppo, di sobbarcarsi quantità di gioco e responsabilità enormemente superiori.
Dal punto di vista realizzativo, però, il loro primo biennio rossoblù non è così dissimile: Destro pur a lungo infortunato, fu capace di segnare 19 gol tra una stagione e l’altra, prima di imboccare precocemente il viale del tramonto, tra lunghe – e restituite – insofferenze; 22 ne ha realizzati finora il suo omologo, che verosimilmente non potrà alzare di molto la posta, visto il prolungato infortunio al piede con cui dovrà convivere per tutto il mese di aprile (gli resteranno sei partite tra maggio e giugno, ma bisognerà vedere in quali condizioni sarà restituito al campo). Diciannove e 22 sono soltanto due numeri. I gol, come sempre, vanno pesati.
È difficile sostenere che le reti di Destro abbiano pesato di più di quelle di Arnautovic, ma è facile ricordare alcuni gol decisivi in momenti del campionato molto complicati (Destro che segna alla Roma a tempo quasi scaduto, su rigore; la doppietta nella vittoria sul Napoli; il gol decisivo contro la Sampdoria, sempre su rigore; il gol partita a Udine, e questo solo per rimanere alla stagione d’esordio). Mattia, poi, non aveva attorno a sé lo stesso potenziale di cui gode ora Marko: tolto Giaccherini, basti ricordare i due cursori esterni che furono affiancati nel 2015/16, il volonteroso ma diafano Krejci e l’esuberante ma sterile Mounier (dietro, a imbeccare sulla trequarti, c’era l’attempato Brienza). Quanto ai suoi sostituti, semplicemente non c’erano, tant’è vero che il mercato di gennaio, all’alba del 2016, presentò un Floccari fuori tempo massimo come alternativa offensiva.
Attorno ad Arnautovic, invece, si è stratificata una squadra molto più solida dal punto di vista delle individualità e dell’identità collettiva. Soriano, Sansone, Barrow e Orsolini non sono nemmeno lontanamente paragonabili all’assortimento offensivo di cui disponeva Donadoni nel 2015/16, per non parlare del centrocampo che sorregge il nuovo BFC. E lo prova il fatto che senza Arnautovic i rossoblù non solo segnano lo stesso, ma ottengono persino più punti.
L’elemento discriminante di questa stagione, insomma, non va cercato in Arnautovic (che ci sia o non ci sia cambia poco, empiricamente parlando) ma in Thiago Motta, l’unica vera pietra filosofale che ha fatto svoltare il Bologna, con 31 punti in 21 partite (la miglior media degli ultimi dieci anni, dopo il Sinisa Mihajlovic edizione 2018/19).
Chi è dunque più irrinunciabile tra i due?

Luca Baccolini

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Foto: Damiano Fiorentini