Per quanti sforzi si possano fare, riesce ancora abbastanza difficile pensare che il Sassuolo viaggi sempre come squadra egemone dell’Emilia-Romagna. Eppure anche un campionato straordinario come quello dei ragazzi di De Zerbi (56 punti a due gare dalla fine) rischia di fermarsi a più di dieci lunghezze dai primi approdi europei diretti. Il settimo posto, valido per la Conference League, è infatti diventato utile solo perché Atalanta e Juventus (le finaliste di Coppa Italia), sono già certe di un piazzamento in Champions o Europa League. Mentre qui molti si lamentano ancora per aver raccolto solo 40 punti (ritenendoli magro bottino, cosa che certamente è), molti altri non si accorgono del salto epocale che occorrerebbe per rendere più concreto il sogno continentale. Che non dista cinque, dieci o quindici punti. Ma quasi trenta, almeno stando al passo della Lazio.
Evocare l’Europa è un esercizio ormai così noioso che nemmeno Mihajlovic ci casca più. E infatti sono mesi, se non anni, che non accenna minimamente a questa parola chimerica. Le coppe, visto il modo in cui gira la nostra Serie A, sono un privilegio per sei squadre già certificate alla partenza (le due milanesi, le due romane, la Juventus e il Napoli), con l’aggiunta dell’Atalanta o di un’eventuale squadra jolly. E mentre noi ci indigniamo per il millantato avvento della Super League, non ci rendiamo conto che in realtà essa esiste già in seno al massimo campionato italiano, un torneo autolegittimante e garante assoluto dello status quo.
La crisi della Serie A, manco a dirlo, è cominciata quando si è deciso di allargarla. Con venti squadre al via, infatti, ci sono 40 partite a disposizione in più – rispetto alla formula a 18 – per governarne i destini, e quattro turni in più per consentire a chi è più forte di riguadagnare terreno o fare largo dietro di sé. Finché il campionato non tornerà a 18, se non a 16 partecipanti, la Serie A sarà sempre ostaggio dei più forti, e la fascia media non avrà mai un serio motivo per entrare nel vivo di questa competizione, preferendo prendervi parte e gioire dei contributi economici che assicura.
Noi non sappiamo ancora quanto tempo rimarrà Joey Saputo. Ma vedere che dopo sei anni di equilibrismi senza sussulti, anziché farsi prendere dalla legittima tentazione di salutare tutti (in stile Commisso, che giusto stamattina ha minacciato di andarsene da Firenze), il patron rilancia con un progetto da oltre 110 milioni per il nuovo Dall’Ara, ecco, già questa è l’immagine dell’enorme privilegio che ha ottenuto il Bologna. Se arriveranno nuovi soggetti disposti a portare più in alto il club, oggi non è dato sapere. È però difficile immaginare che qualcuno possa interessarsi ad una società di fascia media senza uno stadio e un centro tecnico di proprietà. Invece, mentre altrove ci si indebita per vincere lo scudetto (del resto, finché tutto è concesso…) ma poi si supplicano i calciatori per risparmiare sugli stipendi, qui il secondo è già realtà e per il primo è questione di tre anni. Se pare poco, me ne scuso.
Luca Baccolini
© Riproduzione Riservata
Foto: Imago Images