Nelle ultime settimane più di un osservatore ha acceso i riflettori sulla condizione mentale dei calciatori del Bologna, che starebbero attraversando un periodo di confusione dovuto ad un inizio di stagione che nessuno di loro avrebbe potuto pronosticare così difficoltoso. Più che abbattuti o spaventati dall’attuale situazione di classifica, ben distante dalla parte sinistra o dai 52 punti con vista sull’Europa, è possibile che una fetta di spogliatoio rossoblù sia semplicemente scontenta e insoddisfatta per varie ragioni.
Cominciamo dalla difesa. Il BFC è passato da una linea a tre che vedeva titolari quasi sempre gli stessi interpreti, ad una retroguardia a quattro in cui ruotano sia i centrali che i laterali (eccetto Kasius, che in stagione ha già confezionato due assist per Arnautovic ma evidentemente non sta convincendo il nuovo allenatore). Quella tra i rossoblù e la ricerca di una stabilità difensiva è una storia di lunga data: con Mihajlovic venne infilata una serie di partite consecutive con almeno un gol al passivo talmente lunga che spinse il serbo ad accantonare il suo 4-2-3-1 in favore di un 3-5-2 che, almeno dal punto di vista della solidità, aveva dato buone risposte; adesso Motta è tornato allo schieramento che Sinisa fu costretto ad abbandonare, e se è vero che più del modulo conta l’interpretazione dello stesso, è altrettanto vero che con questa scelta il neo tecnico ha scontentato più di un calciatore in un colpo solo, a cominciare da Medel.
Il cileno era stato arretrato come nel Cile, garantendo un rendimento super grazie ad una posizione che gli permetteva di coniugare le ottime letture difensive alla possibilità di non avere troppo campo da coprire alle spalle. Ora che (quando gioca) viene spostato nella coppia di mediani col compito di fare filtro, risalta con grande evidenza la fatica di Gary nel rincorrere gli avversari, che spesso lo seminano in velocità senza troppi complimenti. Gli altri difensori, dal canto loro, non stanno riuscendo a trovare punti fermi né nel modulo né nella presenza dei compagni di reparto, in quanto Motta ha già schierato tre coppie di centrali diverse in tre gare, fra l’altro panchinando un Posch che nelle prime uscite aveva ben figurato.
Salendo in mezzo al campo si arriva a Schouten e alle difficoltà di convivenza dell’olandese con qualsiasi compagno di reparto gli si affianchi, ma anche a elementi che ad oggi hanno avuto poco o pochissimo spazio, forse proprio a causa dell’assetto utilizzato. Ferguson al suo arrivo si è presentato come un centrocampista box to box, mentre Aebischer e Moro si sono descritti come mediani incursori, cioè giocatori che sanno difendere la propria area ma non disdegnano qualche sortita offensiva. Tutti e tre non hanno ancora avuto la possibilità di giocare con un modulo che ne esalti le loro caratteristiche, dovendosi perlopiù accontentarsi di scampoli di partita. Aebischer, in particolare, contro la Sampdoria si è persino trovato a giostrare da esterno, e per quanto specialmente nel primo tempo non si sia mosso male, non è questo il ruolo che si aspetta di coprire un ragazzo che si ispira a Kroos e Xhaka.
Per concludere, da quando il Bologna è tornato al 4-2-3-1 Arnautovic non ha più avuto nemmeno un’occasione per calciare in porta dopo aver segnato 6 reti in altrettanti match, e sabato scorso Zirkzee si è trovato a sostituirlo come punto di riferimento offensivo dopo aver dichiarato varie volte di sperare di poterlo affiancare, così da imparare sul campo da un professore di tecnica e carisma come l’austriaco. Intanto i numerosi esterni/trequartisti/seconde punte presenti in rosa (da Barrow a Vignato, da Orsolini a Vignato, da Sansone a Sorano) stanno continuando a deludere, cosa che invece non si può dire di un Dominguez in crescita sul piano della condizione e subito a suo agio in posizione più avanzata.
Insomma, l’allenatore ex Spezia ha ereditato una situazione complessa e si è ritrovato per le mani un compito forse più difficile del previsto, ma ad oggi con le sue scelte non ha aiutato né se stesso né tantomeno la squadra. Talvolta gli esperimenti pagano, ma l’impressione è che a Motta, per ottenere i risultati di cui il Bologna inizia ad avere un gran bisogno (prima di infilarsi in un tunnel senza uscita), converrebbe dismettere i panni del ricercatore per indossare quelli di un sarto a cui si chiede solo di cucire addosso ai suoi calciatori l’abito più congeniale.
Fabio Cassanelli
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