«Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata e una segreta», recita una battuta di Perfetti sconosciuti, film del 2016 di Paolo Genovese. Un gruppo di amici si dà appuntamento a cena e si ritrova a discutere di una coppia che si è recentemente separata dopo che la moglie ha scoperto i messaggi dell’amante sul cellulare del marito. Ispirata da questa vicenda, una ragazza della compagnia propone un esperimento analogo: mettere i cellulari sul tavolo e rendere pubblico ogni messaggio o telefonata ricevuti nell’arco della serata. Anche se non avete visto il film, potete immaginare le conseguenze di quel gioco perverso.
Ciò che è accaduto sul pullman del Bologna è qualcosa di molto simile. Un video che doveva restare privato ha attraversato rapidamente migliaia di smartphone. Sinisa Mihajlovic non doveva dire quello che ha detto? E perché, se il contesto in cui è avvenuto era privato o al più circoscritto ad un dialogo scherzoso con l’autista? Quello che ha detto Sinisa è sgradevole? In termini assoluti sì, ma non svela nulla di nuovo né sul mister né sul mondo del calcio. Solo chi crede che essere tifoso sia una missione di vita può credere di ricoprire un ruolo centrale nella vita dei beniamini del pallone. Essere tifoso non è eroico, non assicura punti per il Paradiso, non presuppone e non implica qualcosa in più del semplice rispetto (salvo rarissimi casi) da parte degli attori sui quali ricade il tifo.
Per quanto poco delicate possano sembrare le parole pronunciate sul bus, Mihajlovic non ha mancato di rispetto a nessuno: quel che abbiamo ascoltato è niente meno e niente più che un affioramento udibile di un pensiero istintivo, casuale, grossolano, come mille volte facciamo tutti i giorni senza essere ripresi da una videocamera. Scandalizzarsi significa non conoscere le regole del gioco, ma soprattutto vuol dire non aver mai vissuto un minuto in compagnia del serbo, un uomo che durante le conferenze stampa, ripreso o non ripreso, sciorina epiteti a chiunque gli si pari di fronte. Talvolta fa ridere, molte altre no. Ma non sarà certo quest’abitudine a farci cambiare giudizio su di lui. Anzi, se c’è un allenatore che ha sottolineato l’importanza dei tifosi ‘in presenza’, appellandosi pure alle forze politiche locali per far tornare gli spettatori allo stadio, questo è proprio Sinisa. Tanto gli va riconosciuto, senza nulla togliere alle centinaia di fedelissimi rossoblù che hanno trascorso un’ora al freddo e al gelo per sostenere la squadra prima di Bologna-Benevento.
Luca Baccolini
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