Un Mondiale senza l’Italia è un po’ come il Festival di Sanremo: si inizia dicendo «non lo guarderò mai» e si finisce incollati al televisore per non perdersi nessuno dei 65 minuti di recupero (non osiamo immaginare cosa succederà nei tempi supplementari). Il lato positivo di questi Mondiali ‘acquistati’ dal Qatar è l’annullamento del fattore preparazione, una roulette che per ora ha mandato allo sbaraglio due delle più accreditate potenziali vincitrici, cioè Argentina e Germania.
L’Italia, come noto, non si pone nemmeno più il problema di essere una candidata, preferendo da due edizioni lo sport più praticato in sede elettorale: l’astensionismo. Così facendo, se e quando gli azzurri si qualificheranno per la rassegna del 2026, ci saranno ragazzini di 12-13 anni ai quali bisognerà spiegare cosa sono i Mondiali e perché si giocano. Sempre che nel frattempo non si decida di disputarli su Marte, con biglietti venduti solo ai possessori di azioni Tesla e priority card per l’Hyperloop.
Però il Mondiale è tanto più bello quanto più è bizzoso nel rapporto tra pronostici e risultati. Arabia-Argentina, in questo senso, vale già più di qualsiasi altra rivoluzione copernicana. Ed è sadicamente impagabile rivedere fino allo sfinimento delle batterie il pallone perso a centrocampo da Lionel Messi, ad avviare il contropiede dell’1-1 saudita. Nulla contro Messi, per carità, ma in un’epoca storica in cui i numeri dieci vengono valutati in follower anziché in spettacolo e vittorie, si finisce col simpatizzare coi signori nessuno arabi. Che poi tanto nessuno non sono, visto che il più ‘povero’ guadagna 3 milioni di euro da panchinaro dell’Al-Shabab.
Altro aspetto positivo di questi Mondiali novembrini, irrispettosi verso i calendari eurocentrici (scandalo!), è il mutato tono dei commentatori Rai, i quali (impossibilitati a inseguire istericamente le gesta azzurre) possono tornare a cronache più posate (pur dovendo tenere a bada Adani e Stramaccioni), con lunghi secondi di silenzio tra un pallone giocato e l’altro: una delizia. Con buona pace dei bordocampisti rimasti disoccupati. Che ne sarà di loro?
Luca Baccolini
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