L’attuale Bologna non è poi così diverso da quello del decimo posto 2018-2019 o da quello che riuscì ad essere più forte dell’assenza del suo mister solo dodici mesi fa. Cosa gli manca, allora, per tornare a percorrere il solco di un campionato magari poco entusiasmante (salvo alcune parentesi composte da vittorie prestigiose o spettacolari) ma lontano dalle critiche e dagli affanni?
Un po’ di esperienza, forse. Sì perché nel primo BFC di Mihajlovic trovavano posto Poli, Dzemaili, Palacio, gli stessi Destro e Santander. Ora ‘El Ropero’ è k.o., Blerim gioca nello Zurigo, Mattia vive la sua nuova giovinezza tra le calli di De André, il capitano ha perso il posto (perché se anche gli infortuni lo avessero graziato, trovare spazio nell’attuale mediana rossoblù è diventato complicato) e Rodrigo, da un mesetto, è passato da trascinatore dell’attacco a chioccia che, dalle retrovie, deve formare Barrow, il nuovo che avanza. Persino De Silvestri, arrivato in estate per assicurare al pacchetto difensivo la maturità e l’affidabilità necessaria, sta venendo panchinato con regolarità.
Oltre a Danilo, finora intoccabile, un altro ‘grande vecchio’ che potrebbe giocarsi le sue chance dal primo minuto è Medel, ma i suoi continui acciacchi hanno spalancato la strada a rimpiazzi molto più giovani di lui. Insomma, chi per un motivo, chi per l’altro, i calciatori dal curriculum più corposo stanno calcando il terreno sempre più di rado. E il compito di trascinare lontano il più in fretta possibile i felsinei da zone paludose di classifica, quelle che si pensava di aver abbandonato ormai definitivamente, sta poggiando per gran parte su ragazzi under 25.
Considerati i ben noti difetti di questa squadra, che pur senza demeritare palesemente contro – quasi – nessun avversario incappa spesso e volentieri in sbavature tanto ingenue quanto determinanti, si può davvero pensare di continuare a rinunciare a giocatori che, nei momenti più delicati della gara, saprebbero gestire il pallone con più scafata furbizia e motivare i compagni quando ciò che conta di più è stringere i denti tutti insieme?
D’altronde, a livello di organico, è soltanto il progressivo abbassamento dell’età media la differenza che più salta agli occhi rispetto al primo Bologna di Mihajlovic. Se invece questo gruppo stesse lasciando in panchina o addirittura negli spogliatoi qualcosa legato allo spirito, come le motivazioni, la fame, l’adrenalina e l’orgoglio dei primi tempi, allora il discorso sarebbe diverso. E sarebbe molto più grave.
Fabio Cassanelli
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