Non mescoliamo Benevento e gli infortuni al valore del Bologna, i (corposi) mercati precedenti possono dare frutti importanti
Una delle storture più destabilizzanti del calciomercato italiano è quella di chiudere i battenti quando si sono già giocate due-tre partite. Questa abitudine lenta a tramontare è alla base dell’errata percezione che di solito ci si costruisce sulle squadre a inizio campionato. Tutto questo avviene secondo uno schema preciso e ricorrente:
- Campagna acquisti deludente + partenza deludente: pessimo mercato;
- Campagna acquisti deludente + partenza eccezionale: ottimo mercato;
- Campagna acquisti eccezionale + partenza deludente: pessimo mercato;
- Campagna acquisti eccezionale + partenza eccezionale: ottimo mercato.
Come si vede, non è il mercato a condizionare le opinioni che ci si fa su di lui, ma unicamente i risultati iniziali. È lo stesso meccanismo cerebrale che nel febbraio 2013, partito Diamanti per scongiurare il blackout finanziario, ma vincendo subito la gara successiva a Torino, il pensiero comune, quasi istintivo, fu: «Beh, vuoi vedere che anche senza Diamanti…». Tutti sanno come andò a finire. Quello fu un caso estremo di risultato momentaneo che alterò la visione e la valutazione complessiva del calciomercato.
Il punto, però, è che il Bologna da sei anni non ha mai più venduto i suoi Diamanti. Se l’ultima campagna acquisti è sembrata modesta, credo lo si debba a due fattori oltre alla già citata suggestione della modesta partenza, quale effettivamente è stata quella appena osservata: 1) il fatto che la società abbia da tempo scelto di acquistare giocatori strategici anche nel mercato invernale (i più importanti e costosi degli ultimi tempi sono sempre arrivati in gennaio: Orsolini, Soriano, Sansone, Barrow, Dominguez); 2) il fatto, conseguenza del precedente, che in estate la rosa appaia già molto più completa di quanto non lo fosse anni addietro, nonostante qualche infortunio eccellente che senza dubbio dispiace e infastidisce.
La strategia del Bologna di Saputo è ormai quella di cercare di anticipare un acquisto per renderlo pronto in un arco temporale più ampio, evitando così l’effetto traumatico del debutto-ultima spiaggia. Ciò detto, mi spingo nel limaccioso territorio delle questioni tecniche. A meno che i lettori qui presenti non siano tutti conoscitori eccellenti del campionato ucraino, cosa che io non sono (oserei dire nemmeno di quello italiano), non credo che possano considerare Supryaga una rinuncia decisiva per le sorti future del club. Né come una gravosa rinuncia si configura la cessione di Bani, paragonabile né più né meno alla partenza di Rossettini illo tempore, ovvero un buon difensore comprato e rivenduto a stretto giro con buon movimento di cassa.
Il (non) mercato del Bologna, lungi dall’essere la paralisi che molti ci vedono, è invece la conseguenza di una iper attività nei mesi precedenti. Buona, sbagliata, giusta o sconsiderata, lo vedremo tra poco, cioè quando Dominguez, Skov Olsen, Schouten e giovani compagni daranno i loro frutti. Infine, l’assenza di una punta, numericamente parlando, è un falso tema. Palacio, Barrow e Santander sono tre punte valide per quello che è in fondo è un ruolo soltanto. Se poi Santander viene considerato poco più che un rincalzo, questo è un altro tema ancora, di cui chiedere eventualmente delucidazioni a Mihajlovic.
Luca Baccolini
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