Nell’Olanda che fu di Weisz il Bologna ritrova le pagine più dolorose della sua storia
Il Bologna nei Paesi Bassi fa immaginare il giorno, speriamo non lontano, in cui si potrà andare a compiere lo stesso viaggio per giocare partite ufficiali. Nell’attesa, bisogna guardare la storia. L’Olanda è la stessa terra promessa del nuovo mercato rossoblù, pieno di ragazzi seri e applicati, ma è anche la stessa terra cui guardò Arpad Weisz nel 1938, quando fu costretto a dimettersi dalla carica di allenatore del BFC a causa delle leggi razziali, senza che gli organi di stampa dessero alcun risalto alla notizia. Lasciata l’Italia nel gennaio 1939 con la moglie Ilona e i figli Roberto e Clara, la famiglia dell’allenatore straniero più vincente di quel periodo raggiunse Parigi, dove arrivò una proposta da parte degli olandesi del Dordrecht, città dell’Olanda meridionale non lontana da Utrecht, teatro dalla penultima amichevole estiva.
Nulla a che vedere col Bologna che faceva tremare il mondo, ma sempre meglio che restare disoccupati. Il Dordrecht di Weisz era di fatto una squadra di studenti che riuscì per miracolo a salvarsi nel massimo campionato, dopo aver vinto gli spareggi. Un altro miracolo dell’allenatore ungherese. Pian piano, grazie ai suoi metodi di lavoro, Arpad trasformò radicalmente il Dordrecht, ottenendo due incredibili quinti posti e arrivando a battere persino le corazzate Ajax e Feyenoord. Ma nel maggio del 1940 la Germania invase anche i Paesi Bassi, e in appena cinque giorni arrivò alle porte di Amsterdam. Furono i mesi in cui Weisz non riuscì a prendere l’unica decisione possibile, quella che l’avrebbe potuto salvare: fuggire in America. A fine settembre 1941 perse di nuovo il lavoro a causa delle stesse leggi razziali che avevano decretato la sua espulsione dall’Italia: da quel momento sarà costretto a sbirciare il campo d’allenamento dei suoi ragazzi attraverso un piccolo foro tra le assi di legno.
Fu un periodo durissimo e pieno di umiliazioni. La mattina del 2 agosto 1942 la Gestapo irruppe a casa Weisz e deportò l’intera famiglia a Westerbork, un campo di raccolta e smistamento in cui, ironia della sorte, c’era anche un campo da calcio. Non sappiamo se Arpad ci abbia mai giocato o allenato. Da lì partivano ogni giorno i treni verso la Polonia. Su uno di essi, il 2 ottobre 1942, furono caricati i Weisz al completo, destinazione Auschwitz. Dopo tre giorni di viaggio in condizioni disumane, Ilona, Roberto (12 anni) e Clara (8 anni) presero la strada per Birkenau trovando subito la morte nelle camere a gas. Arpad venne invece fatto scendere a Cosel, in Polonia, per essere poi mandato nei campi di lavoro dell’Alta Slesia. Dopo quindici mesi di lavori forzati, il tecnico campione al Torneo Internazionale dell’Expo Universale di Parigi 1937 (la Champions prima della Champions) fu mandato ad Auschwitz, dove resistette fino all’inizio del 1944, prima di morire di stenti e di dolore. L’Olanda è stata anche questo, la terra delle ultime speranze di uno dei più grandi allenatori del Bologna.
Luca Baccolini
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