In tanti, tra cui il sottoscritto, gioirono quando Joey Saputo arrivò sotto le Due Torri, seppur in un primo momento e anche per un fatto caratteriale fu Joe Tacopina a brillare sotto la luce dei riflettori. Il regno dell’avvocato americano durò però poco, nemmeno un anno solare. In quel periodo cominciò la (ri)costruzione del Bologna, a partire dalle fondamenta. Dall’acquisto e restyling del centro tecnico Niccolò Galli ad un primo ammodernamento dello stadio Renato Dall’Ara, e nel mentre l’inserimento nella dirigenza di nomi altisonanti quali Pantaleo Corvino, Claudio Fenucci e il ‘nostro’ Marco Di Vaio. Da stropicciarsi gli occhi per chi veniva da anni di anonimato, eccetto l’era Gazzoni.
Era il 30 luglio 2015 quando Saputo promise una crescita costante per riportare il BFC ai fasti del passato, dieci anni per entrare nel novero delle grandi e giocare in Europa. Non parliamo di scudetto, quasi impossibile in Italia entrare in lizza se non sei uno di ‘quei club’. In mezzo ci sono state annate non proprio soddisfacenti, se vogliamo anche deludenti dopo il clamore e i sogni suscitati dall’arrivo del magnate di Montreal, ma via via il valore di squadra e società è cresciuto. In parecchi (me compreso) abbiamo storto il naso nei periodi difficili, quelli delle salvezze e dei campionati anonimi, ma dietro c’è sempre stato un club sano, solido e serio, fiore all’occhiello di un calcio italiano fatto di plusvalenze fittizie e conti in profondo rosso.
Poi il responsabile dell’area tecnica, un ruolo su cui il presidente ha sempre speso fiducia e denaro: dicevamo di Corvino, quindi Riccardo Bigon e Walter Sabatini, fino al presente e all’era targata Giovanni Sartori, con Di Vaio come braccio destro in qualità di direttore sportivo. Al di sopra, la figura cardine dell’amministratore delegato Claudio Fenucci, serio e navigato professionista che nel suo campo sa operare come pochi, e che nonostante i numerosi ostacoli burocratici e politici riuscirà (abbiate fiducia) là dove altri hanno fallito, ovvero concretizzando il progetto di ristrutturazione del Dall’Ara, un vero gioiellino che sarà invidiato alla città di Bologna. Senza dimenticare l’impianto provvisorio che sorgerà nell’area di FICO.
Le fondamenta sono divenute sempre più solide, appunto, anche attraverso stagioni grigie e insapore. Ora, a otto anni dall’insediamento di Saputo, lo scenario racconta di una squadra importante guidata da un tecnico (Thiago Motta) che sembra un predestinato, capace di regalare un calcio bello come non si vedeva da tempo, un organigramma societario tra i migliori in circolazione, un club esemplare e una piazza carica d’entusiasmo. Forse non sarà Europa già al termine di questo campionato, anche se siamo sicuri che il sogno resterà accesso fino all’ultima giornata, ma dal prossimo anno non ci si nasconderà più: ora il Bologna è una realtà.
Mario Sacchi
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