Otto anni fa il ‘sogno’ scudetto di Saputo. Il tricolore non c’è, ma il Bologna non è mai stato così solido
Il 30 luglio di otto anni fa Joey Saputo era presidente e proprietario unico da poco più di sette mesi. E disse così: «Punto ad una crescita costante per riportare il club ai fasti del passato: è un percorso che ci consentirà di lottare per lo scudetto e l’Europa». Mai frase del patron fu più equivocata, perché ‘lottare’ non significa ‘ottenere’, ma semplicemente ‘avvicinarsi’, ‘tendere a’. Il Bologna, in effetti, è ancora lontano dalla condizione di chi lotta per questi obiettivi, ma nonostante due grandi ostacoli (il cambio di tre direzioni sportive e la malattia del suo allenatore più longevo) ha raggiunto una stabilità e un posizionamento tali da rendere almeno in parte possibili gli auspici di Saputo.
Poche volte la continuità di gestione viene percepita come un valore, sia in politica che nello sport. La Sampdoria, appena retrocessa, sta annaspando nei debiti; molti club di Serie A, compresi quelli di fascia alta, devono scendere a patti con l’erario per rateizzare la propria esposizione debitoria; favole come il Chievo, invidiate e ritenute esempi da seguire, non esistono più, né nella loro espressione sportiva né nella loro emanazione imprenditoriale. Il Bologna però dal 2015 ha navigato sempre in acque tranquille, sfiorando il disastro solo in un’occasione, a causa di una scelta tecnica profondamente sbagliata e corretta appena in tempo, quella di Filippo Inzaghi. Un disastro che sarebbe stato solo sportivo, non economico. Tolti quei sei mesi, società e squadra hanno marciato in sintonia di risultati e di programmazione, tenendo vivo il progetto più importante, ovvero il rifacimento dello stadio Dall’Ara, condizione imprescindibile per uno scatto in avanti nelle ambizioni sportive ed economiche.
Molti tifosi in questi ultimi otto anni hanno temuto che Joey si stancasse di dover ripianare il bilancio ogni estate, dimenticando che per un imprenditore sportivo nordamericano l’aver rilevato una società di Serie A per poco meno di 6 milioni, come fece nell’autunno del 2014, equivale a non aver speso praticamente nulla. I 30 milioni immessi in media ogni anno per garantire il galleggiamento del club sono una sorta di rateizzazione dell’acquisto iniziale. La garanzia del suo legame sempre più stretto con Bologna ha trovato ora la forma del logo Saputo, prima incursione dell’azienda di famiglia nella vita sportiva rossoblù: che lo abbia deciso solo oggi è la conferma di quanto ponderate siano le decisioni in casa Saputo (peraltro prese in un campo largo, che comprende pure la proprietà del CF Montréal). Il fatto che adesso, sulle maglie rossoblù, campeggi quel cognome, certifica la visione lunga di questa proprietà. Che tutto vuole, tranne che abbandonare la nave a metà del tragitto.
Luca Baccolini
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Foto: Getty Images (via OneFootball)