Perchè Mihajlovic ha consigliato ai suoi giocatori la lettura del libro ‘Niente teste di cazzo’
Nel corso di una recente intervista rilasciata ai ragazzi della community Cronache di spogliatoio, Riccardo Orsolini ha svelato come Sinisa Mihajlovic abbia consigliato alla squadra il libro Niente teste di cazzo. Al di là del sorriso che il titolo può strappare, si tratta di una lettura interessante e a tratti molto tecnica. L’autore, James Kerr, nel 2010 ha convissuto per cinque settimane con gli All Blacks, l’iconica Nazionale neozelandese di rugby, per poi raccogliere ulteriori informazioni su di loro tre anni più tardi, attraverso una serie di interviste ad ex giocatori, manager, consulenti di costumi tribali e linguaggi maori, e chiunque altro potesse aiutarlo a comprendere meglio il DNA della squadra più vincente di sempre.
Grazie al materiale accumulato e alle sue conoscenze in materia di coaching, Kerr ha individuato 15 punti attraverso i quali si articola la filosofia delle Felci argentate, tutti quanti compresi sotto al cappello del mantra neozelandese che dà il titolo all’opera. «Niente teste di cazzo» è infatti un altro modo per dire «al bando i personalismi», responsabilizzando i singoli ad avere una visione di gruppo e di ampio respiro.
I neozelandesi riabilitano e nobilitano il concetto di umiltà, spesso ingenerosamente fatta coincidere con il mantenimento di un basso profilo dettato dall’insicurezza, considerandola una forza che consente la connessione «con i valori più profondi e il mondo circostante». Credono nella costruzione di un modello e di una cultura vincente a priori rispetto al campo (questo, ad esempio, è un concetto su cui si è soffermato più volte il tattico del Bologna, Emilio De Leo), e al tempo stesso nell’importanza di trovare un’immediata applicazione pratica per i concetti su cui la squadra è stata plasmata.
Quello All Blacks è un organismo in perenne costruzione e trasformazione, fondato su valori incrollabili ma irrorato dalla qualità fondamentale e indefettibile di sapersi adattare ai cambiamenti il più velocemente possibile e meglio dei propri avversari: in poche parole, la capacità «di attaccare gli spazi».
Il fatto di sapersi adattare è una conseguenza dell’essersi posti, in anticipo, le domande giuste. Una partecipazione attiva alla realtà della squadra e un dialogo continuo che non tenga conto delle gerarchie permettono di conoscere più a fondo ciò per cui si sta lavorando, arrivando persino ad indagare le ragioni per cui si ha iniziato a farlo: «Perché sto giocando? Cosa mi spinge? Dove voglio arrivare? Sono pronto, per farlo, a lottare per il mio gruppo, a prendermi le mie responsabilità e spronare con l’esempio a fare altrettanto?». Queste sono alcune delle domande che gli All Blacks sono arrivati a porsi in un momento buio della loro storia sportiva, accettando di indagarsi a fondo e di mettersi in discussione.
Gli straordinari risultati ottenuti dai neozelandesi devono aver convinto Sinisa della bontà del loro percorso. Durante la lettura di Niente teste di cazzo, infatti, non è raro imbattersi in concetti che palesemente il mister ha accettato ormai da tempo di abbracciare. Ora il condottiero sta cercando di trasmettere quei principi ai suoi ragazzi «passando loro la palla», ovvero, da ciò che emerge dal libro, allestendo le migliori condizioni di lavoro possibile, ma facendo capire agli atleti che sono loro ad avere tra le mani la possibilità e dunque la responsabilità di fare bene.
Un passaggio chiave della mentalità All Blacks è riassumibile in poche parole: «Un leader non crea dei seguaci, crea altri leader». Che Mihajlovic lo sia è fuori di dubbio, che riuscirà a plasmare la sua squadra anche attraverso questo tipo di input è una speranza più che fondata.
Fabio Cassanelli
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