Piovono messaggi contraddittori, in quest’anticamera di calciomercato. Da un lato società e staff tecnico intimano ai giocatori di ritrovare l’umiltà perduta; dall’altro viene ammessa con candore l’esistenza di una trattativa per portare qui nientemeno che Zlatan Ibrahimovic, uno che quando distribuivano le razioni pro capite di umiltà si fece sostituire da qualche controfigura. Sul capitolo Ibrahimovic sappiamo – da dichiarazioni pubbliche – che chi ci spera veramente sembra essere più Walter Sabatini che non Riccardo Bigon, ma la diversità di temperatura nell’entusiasmo è quantomeno fisiologica in un doppio dicastero sportivo, con quattro occhi e due cervelli.
Più singolare, invece, è constatare ancora come gli obiettivi stagionali si siano di nuovo ridimensionati all’altezza di una dignitosa permanenza in Serie A, una prospettiva non proprio allettante per lo svedese. E anche ammesso che a Zlatan venga voglia di vincere un’inedita battaglia per rimanere in nel massimo campionato, bisognerebbe poi spiegare allo spogliatoio come si fa a restare umili quando si condivide l’armadietto con qualcuno che guadagna un milione netto al mese (la famosa vicenda di Renzo Ulivieri, che temeva le ripercussioni dell’arrivo di Baggio per lo stesso motivo). Da qualunque lato si guardi la cosa, insomma, Ibrahimovic e l’appello all’umiltà rivolto alla squadra non potranno convivere a lungo nell’agenda rossoblù. Prima smettiamo di pensare alle utopie, meglio è. Di trentottenni d’oro ce n’è già uno, e si chiama Rodrigo.
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