Alzi la mano chi in questi mesi angoscianti non ha sognato un pallone che rotolava e un gol del Bologna. La voglia di rivedere i nostri beniamini in casacca rossoblù ci darebbe speranza nel futuro e in un ritorno alla normalità, ormai sdrucito dai due mesi e mezzo passati a contare morti e contagi.
Tuttavia, sappiamo già che niente sarà come prima. Se anche il campionato ripartisse il 13 giugno dovremmo abituarci a vedere a lungo le partite, disputate in stadi senza pubblico, davanti alla TV: una gran tristezza.
Dopo la vicenda di mister Mihajlovic, nessuno come noi bolognesi sa quanto sia importante la salute. È stato lui il primo a mostrare una mascherina in un campo da calcio: al Bentegodi tutti lo guardammo come un marziano e mai avremmo pensato che nel giro di sei mesi l’avremmo indossata anche noi, sebbene per altre ragioni.
Proprio per questo tanti cuori rossoblù, come buona parte delle tifoserie organizzate della Serie A, hanno molte remore sulla ripartenza. Non si tratta di dare ragione ai ‘burocrati’, ma di fare i conti con la realtà. Nonostante i miglioramenti nei numeri, siamo giornalmente di fronte a centinaia di morti, e i vicini di Basket City non hanno fiatato e non fiatano ancora per la decisione di annullare il campionato di pallacanestro, anche se una sponda può legittimamente dire di aver buttato nel cesso l’occasione di vincere uno scudetto.
Diciamoci la verità: l’unica ragione per cui la Serie A potrebbe riprendere è meramente economica. A differenza di tutti gli altri sport, il pallone muove un mare di soldi, e se il campionato non riprendesse Sky e DAZN non pagherebbero l’ultima tranche, mandando gambe all’aria quel giocattolo già traballante che è il nostro campionato.
Prendere poi esempio dalla Germania rischia di essere fuorviante. Tocchiamo tutti gli amuleti del mondo, ma il protocollo teutonico (che in caso di positività di un giocatore prevede che solo lui sia messo in quarantena) rischia di portare ad un caos totale e ad un boom di contagi ben prima del 13 giugno.
Lungi da me voler difendere questo Governo, il traballante ministro Spadafora e i consulenti medici del ministro Speranza. È però un dato di fatto che la paura di molti giocatori di Serie A (a partire da quel Gastaldello che qui da noi si dimostrò ragazzo d’oro) sia tutt’altro che immotivata.
Per questo dico: sì, bello ripartire. Ma serve farlo con la cautela. La stessa che abbiamo imparato tutti noi sui luoghi di lavoro. Se per il calcio fosse usato uno standard diverso, sarebbe la conferma di come i calciatori siano dei privilegiati nel momento stesso in cui è stato dimostrato che il COVID-19 tratta – quasi – tutti allo stesso modo.
Il concetto di ‘solidarietà nazionale’ stride con il calcio moderno: l’hanno mostrata molto di più gli abbonati rossoblù, che hanno già chiesto al Bologna di girare il rimborso agli ospedali cittadini.
Massimo Franchi
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Massimo Franchi, grande tifoso del Bologna, è un giornalista de il manifesto.