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Quindici anni senza Giacomo Bulgarelli. Ma l’ultima bandiera rossoblù continua a sventolare

Quindici anni senza Giacomo Bulgarelli. Ma l'ultima bandiera rossoblù continua a sventolare

Ph. Getty Images

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Quindici anni fa, il 12 febbraio 2009, ci lasciava Giacomo Bulgarelli, e per una volta non servono didascalie di accompagnamento. In una parola: l’ultima bandiera. Ma non solo: l’ultima di una generazione di bandiere. Per più di cinquant’anni, infatti, il Bologna è stato ‘governato’ in campo da una linea dinastica locale: quattro calciatori nati e cresciuti sul territorio, figli di un lavoro di bottega, di generazione in generazione, a partire da Angelo Schiavio, in rossoblù dal 1922 al 1938. Nella sua parabola declinante s’innestava quella nascente di Amedeo Biavati, al Bologna per quindici anni dal 1932 al 1947 (con una sola interruzione di un anno al Catania). Altri tre lustri, fino al 1962, furono occupati subito dopo da Cesarino Cervellati, il tempo necessario per coltivare Giacomo Bulgarelli, che dominò la scena dal 1959 al 1975, accompagnando il BFC ai suoi ultimi successi nazionali. Cinquantatré anni di calcio, 1.282 partite in Serie A e sette scudetti racchiusi in questi quattro simboli.
L’ultima bandiera, appunto, fu Bulgarelli, che nacque nel 1940 a Portonovo, la frazione più distante da Medicina e probabilmente una tra le più antiche. Il liceo classico lo frequentò invece in città, al San Luigi, e solamente lui potrebbe raccontare le difficoltà di conciliare il greco antico e i primi durissimi allenamenti col Bologna. Gli mancavano ancora due mesi al diploma, quando il 19 aprile 1959 debuttò in A nella vittoria sul Vicenza, primo traguardo della lunga trafila nel settore giovanile, in cui era stato ammesso quattordicenne su segnalazione dell’attaccante ungherese Istvan Mike Mayer che aveva visto un ragazzino calciare divinamente il pallone in un cortile del quartiere Mazzini.
Tatticamente Bulgarelli nacque come ala destra, per poi passare al centrocampo e infine assestarsi al ruolo di regista, intuizione di Fulvio Bernardini, decisiva per lo scudetto del 1964. Lo storico tifoso Gino Villani ne scandiva il nome a pochi secondi dal fischio d’inizio, con quell’appellativo antiquato e affettuoso insieme («Onorevole Giacomino, salute») che non gli si sarebbe più staccato di dosso. Ha attraversato tre decadi, dal 1959 al 1975, senza apparentemente mai invecchiare, mettendo insieme, alla fine dei conti, 391 partite in campionato (più quella dello spareggio scudetto con l’Inter), 56 in Coppa Italia e 42 in Europa.
Come Schiavio, trovava nel Bologna tutte le motivazioni che gli servivano per andare avanti, e non chiedeva altro. Al Milan, che nel 1970 fece carte false per averlo, oppose un secco rifiuto, anche se poi fu necessario l’intervento dell’allenatore Edmondo Fabbri per convincere il presidente Venturi a non proseguire una trattativa che era già in stato avanzato di maturazione. Se il sogno di Nereo Rocco era quello di formare, con lui e Rivera, la mediana più forte del mondo, quello di Bulgarelli era invece tornare a vincere in maglia rossoblù dopo l’exploit dello scudetto del 1964. Ci riuscì due volte, ma solo in Coppa Italia, nel 1969/70 e nel 1973/74, con l’ombra di una vittoria ‘rubata’ al Palermo allo scadere per un rigore inesistente.
In maglia azzurra raggiunse solo 29 presenze: se dal 1962 al 1966 fu una presenza fissa, fatale fu la sua partecipazione al Mondiale inglese del 1966, con la clamorosa uscita dell’Italia ad opera della Corea del Nord. Bulgarelli faceva parte del folto gruppo bolognese che quell’onta sportiva spazzò via con effetto immediato. Dopo il gol di Pak Doo-ik gli furono concesse solo altre due ribalte azzurre, mentre al felice Europeo del 1968, seppur convocato, non giocò mai.
Ironia e disincanto, sagacia ed educazione si mischiavano nel suo modo di parlare, sempre misurato, perfetto, come si accorsero a Telemontecarlo, per i commenti alle telecronache (e in seguito anche dei videogiochi). Per la città fu un trauma doverlo salutare, troppo presto, a settant’anni non compiuti. I suoi funerali, nella Cattedrale di San Pietro, bloccarono tutta via Indipendenza. Per l’occasione fu proclamato a Bologna il lutto cittadino. Non era mai accaduto per uno sportivo.

Luca Baccolini

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Foto: Getty Images (via OneFootball)