Dall’Inter all’Inter. Dopo una manciata di apparizioni fugaci ma gagliarde, il 5 luglio 2020 Musa Juwara si era preso le copertine, segnando a San Siro il suo primo gol in Serie A e regalando al Bologna il momentaneo pareggio in una partita che al triplice fischio i rossoblù avrebbero poi portato a casa grazie al gol di un altro gambiano di nome Musa, ovvero Barrow.
Le radici comuni dei due ragazzi hanno contribuito a cementare una bella amicizia e, nel momento in cui le loro strade si sono dovute momentaneamente separare, entrambi hanno accusato il colpo. Se Barrow ha faticato ad ingranare la marcia durante la stagione in corso, anche per via del grande lavoro di adattamento al ruolo di centravanti che sta svolgendo da oltre due mesi, Juwara dopo l’exploit di Milano ha trovato sempre meno spazio (2 presenze contro Fiorentina e Torino) fino a sparire totalmente dai radar, e più volte Mihajlovic è apparso infastidito quando in conferenza stampa si è sentito rivolgere domande sul classe 2001.
È probabile che dietro alla rigidità del serbo ci fosse un tentativo di non far montare la testa al virgulto e di ‘nasconderlo’ il più possibile agli occhi del grande pubblico, per evitare che i media ne ingigantissero il valore e lo caricassero di aspettative difficili da mantenere. Questa linea ha però trasformato Juwara in una sorta di oggetto misterioso, fino a quando, ad inizio ottobre, il Bologna ha scelto di mandarlo in prestito al Boavista, sperando che potesse mettersi in mostra in un contesto decisamente meno ansiogeno rispetto a quello italiano e magari di monetizzare, nel caso in cui il club portoghese avesse deciso di riscattarlo.
In Portogallo, tuttavia, Juwara non si è mai ambientato, racimolando appena 3 gettoni in Primeira Liga e venendo rispedito al mittente senza troppi rimpianti sul finire della finestra invernale di mercato. Il giovanissimo Musa, attraverso i social e non solo, ha trasmesso sempre l’impressione di essere troppo innamorato di Bologna per riuscire a sentirsi coinvolto in una nuova avventura. E per ‘Bologna’, oltre alla piazza, si intende la Prima Squadra, perché persino in Primavera Juwara fa segnare dei passaggi a vuoto, quasi giocasse senza spinta, convinto che la sua realtà debba essere quella dei grandi.
Solo quando gioca insieme a Barrow & Co. il suo fuoco si accende e infatti, com’era successo nove mesi fa, sabato scorso ha causato più di un grattacapo alla difesa dell’Inter. Contro i nerazzurri ha racimolato i suoi primi minuti in campionato, eppure sembrava non essere mai uscito dalle rotazioni, per la naturalezza con cui è sceso in campo e l’autorità con cui si faceva dare palla dai compagni: tutte le volte che può indossare la maglia rossoblù, Juwara si trasforma in un bambino a cui hanno appena fatto il regalo più bello del mondo, incarnando perfettamente la voglia e l’entusiasmo che i tifosi vorrebbero costantemente vedere in ciascun calciatore.
Quella che è la sua forza, però, è nel contempo il suo limite: lo scarso coinvolgimento dimostrato nel Boavista e spesso pure in Primavera non è proprio di un professionista che, per quanto possa essere legato ad una realtà e ad un sogno, non deve mai chinare il capo, incupirsi e impegnarsi di meno quando la carriera gli presenta nuove sfide. Forse Juwara deve ancora sviluppare tale attitudine, e l’estrema protezione che Sinisa ha dimostrato nei suoi confronti può essere letta anche come la consapevolezza, da parte del serbo, di come l’ex Chievo manchi ancora della giusta maturità.
La sua gestione negli ultimi mesi della stagione 2019-2020 desta ancora qualche perplessità, perché per quanto ancora acerbo Juwara si sarebbe meritato qualche minuto in più, ma ormai è acqua passata e adesso per il Bologna conta solo che il 19enne nativo di Tujereng si faccia valere e metta in luce il suo talento ogni volta che entra in orbita Serie A. La concorrenza è folta e agguerrita, ma il ragazzo ha tutte le carte in regola per ritagliarsi il suo spazio e crescere, dimostrando che l’appellativo ‘Musa piccolo’ comincia a stargli stretto.
Fabio Cassanelli
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