In quel maledetto luglio del 2019 Bologna e il Bologna si sono ritrovati, loro malgrado, di fronte ad un tremendo bivio, dopo la notizia della leucemia che aveva colpito Sinisa Mihajlovic. La strada più facile per la società, forse anche quella più ‘paracula’, avrebbe portato all’allontanamento del tecnico e alla conseguente sostituzione, sicuramente con tanto di attestati di vicinanza e tutto ciò che non finisse per intaccare la regolarità e la quotidianità di una realtà professionistica, esprimendo dunque una sorta di solidarietà passiva.
Il BFC ha invece scelto la strada sicuramente più impervia, piena di potenziali insidie e difficoltà ma contraddistinta da una vicinanza e da una solidarietà attiva: la conferma e il coinvolgimento di Mihajlovic nella guida e nella gestione della squadra anche quando il mister non avrebbe potuto garantire la propria presenza fisica a causa della battaglia a cui era chiamato fuori dal campo. Vicinanza e solidarietà attiva dimostrate per esempio con la presenza in panchina del suo staff durante le gare, con la direzione di allenamenti e ritiri affidati agli stessi – validissimi – collaboratori, solitamente chiamati solo ad assistere il primo allenatore, con l’allestimento nella sua stanza d’ospedale di tutte le attrezzature necessarie per poter consentire a Sinisa di seguire, dirigere e interagire a distanza in ogni momento. Senza dimenticare (andando oltre ogni ipocrisia, perché nel calcio e non solo i soldi contano eccome) il prolungamento del suo ricco contratto, avvenuto nel giugno del 2020.
E che dire di una piazza che non ha mai abbandonato lui e i suoi cari, abbracciandoli e rendendoli parte di una grande famiglia. Gli esempi sono tanti, dal pellegrinaggio fino al Santuario della Madonna di San Luca andato in scena il 21 luglio 2019 fino alla cittadinanza onoraria conferita al serbo il 17 novembre 2021. E le differenze di credo politico? Qualche polemicuccia, certo, ma per Sinisa ‘la rossa’ Bologna ha fatto un’eccezione e ha messo il bene e la stima per l’uomo e il professionista al primo posto: può sembrare una cosa scontata, ma in Italia non è da tutti.
Chi punta il dito da fuori, dunque, non dimentichi la strada intrapresa dal Bologna e da Bologna a partire dal 13 luglio 2019, specialmente in un Paese dove, sportivamente parlando, quello che è nero diventa bianco nel giro di poche settimane e il giudizio nei confronti di squadre, giocatori, dirigenti e allenatori varia in maniera davvero repentina a seconda dei momenti. Un Paese in cui molte realtà sportive e tifoserie avrebbero dunque optato per la prima strada, quella più semplice, una solidarietà comoda e chissà, utile a preservare il senso di una coscienza pulita.
Con la speranza che nessun club e nessuna piazza debba mai affrontare una situazione simile, il Bologna e Bologna non meritano di essere tacciate di cinismo, ingenerosità, ingratitudine e tutti gli aggettivi negativi piovuti addosso alla nostra realtà e alla società nelle ultime ore, purtroppo anche tramite le incaute generalizzazioni di chi le qualità del mondo felsineo e rossoblù dovrebbe conoscerle bene, avendole toccate con mano. Perché nello stesso epilogo del rapporto tra Sinisa Mihajlovic e Bologna, certamente non da libro Cuore, si rispetta al 100% una volontà palesata dal tecnico serbo, ovvero un giudizio legato al suo operato calcistico e non misericordia e compassione per le sue vicissitudini umane, che tutti noi continueremo a seguire con immutato affetto.
Riccardo Rimondi
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