Le vicende extra calcistiche della Juventus, con ripercussioni sulla classifica della stagione attualmente in corso, e le ultime 10 gare del Bologna, con 19 punti conquistati e annesso quarta posizione in questa specifica graduatoria, si sono incrociate e hanno acceso il sogno europeo in vista di una lunga e combattuta seconda parte di campionato.
È piuttosto singolare che a strombazzare in pompa magna il sogno continentale siano soprattutto quegli addetti ai lavori e quei tifosi che, non più tardi di qualche mese fa dopo un avvio difficile, temevano un’annata di freddo e stenti per via di una squadra uscita indebolita dal mercato. Quella stessa squadra a cui oggi «sarebbe bastato poco a gennaio per tentare il salto europeo», salvo puntualmente omettere questi famigerati nomi.
Il rischio di sognare è quello di perdere di vista la realtà e fare i conti senza l’oste, ovvero dimenticare i regolamenti delle competizioni a cui il Bologna prende parte: nel caso della Serie A si guadagna un piazzamento europeo solo arrivando nei primi 6 posti, visto che il settimo e ultimo slot messo a disposizione per le competizioni UEFA viene di base assegnato alla vincente della Coppa Italia (ad oggi solo un trionfo dell’Inter, che verosimilmente finirà il campionato in zona coppe, potrebbe ‘liberare’ la settima piazza). Ciò significa concretamente un obiettivo Conference League distante 11 lunghezze, alla luce di una Roma a quota 37.
Il BFC avrebbe potuto fare meglio proprio in Coppa Italia contro la Lazio? Certo, ma oltre all’esistenza e al valore degli avversari bisogna ricordare come i rossoblù siano arrivati alla sfida dell’Olimpico in emergenza, tra infortuni e giocatori con autonomia limitata. Senza dimenticare il lato del tabellone in cui erano finiti: in caso di passaggio del turno avrebbero dovuto superare, nell’ordine, Juventus e Inter (che ha avuto la meglio sull’Atalanta). E se non ci si vuole perdere in tabelle e calcoli cervellotici, basta ricordare che da 21 anni il secondo torneo nazionale viene vinto da una tra le due milanesi, le due romane, la Juve e il Napoli, ovvero solo dalle big: oligarchia pura.
Dunque fa benissimo Thiago Motta a non andare al di là del proprio naso, cioè a guardare e a pensare solo alla prossima sfida, senza farsi tirare per la giacchetta (o per la tuta, visto che la predilige). A meno che non si voglia davvero accusare di poca ambizione o mediocrità un uomo capace di sollevare 30 trofei, nazionali e internazionali, nel corso della sua precedente carriera da calciatore…
Motta non è un pompiere in azione ma semplicemente una persona di campo e di spogliatoio che conosce perfettamente certe dinamiche: e allora testa alla Fiorentina, cercando di sfatare il tabù del Franchi che dura da 13 lunghissimi anni, e più in generale ad un campionato da affrontare e onorare fino alla fine senza sedersi mai.
Riccardo Rimondi
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