The VAR Show
Nel suo inesorabile viatico verso la dissoluzione, lo spettacolo-calcio sta conducendo un’ultima grottesca piroetta su se stesso: tentare di liberarsi dal dominio della Tecnica alla quale s’è consegnato negli ultimissimi anni per riguadagnare credibilità. E noi, in attesa che altre forme d’intrattenimento si prendano il monopolio della domenica pomeriggio, ci adeguiamo volentieri. Ecco due situazioni a confronto: la prima immagine è il fallo di Schouten su Behrami in Bologna-Genoa (giallo, quindi interviene il VAR: rosso diretto); la seconda è il fallo di Cuadrado su Bisoli in Juventus-Brescia (nessun provvedimento, come fosse stata una carezza). Sovrapponete le due istantanee e avrete all’incirca la stessa foto. Perché, allora, nel primo caso il VAR interviene solerte per punire l’olandese, mentre nel secondo misteriosamente non segnala nulla? Cos’è successo da un campo all’altro? Forse il VAR – come ogni decisione umana – interviene a volte sì e a volte no, scaricando la responsabilità sull’anello debole dell’ingranaggio, ovvero l’arbitro? Non vorremmo pensarlo. Ma di certo è un imbuto pericoloso quello in cui si sta infilando il calcio da quando esiste il Video Assistant Referee.
Assumendo l’idea che grazie alla tecnologia in campo si possano prevenire clamorose irregolarità, ogni episodio non segnalato ingigantisce i sospetti e delegittima ancor di più il sistema. Non potendo (e a volte non volendo) contestare ogni azione dubbia, il VAR sta scivolando sempre di più verso un meccanismo di decisione discrezionale. Ma così nega sé stesso, cioè la sua natura ‘terza’ e ‘imparziale’. In altre parole, il VAR pesa molto e sempre di più quando non interviene. Senza entrare in questioni tecniche (le immagini esaminate non sono la realtà, ma il resoconto filtrato di una telecamera che ‘congela’ l’immagine stessa, togliendole il suo peso specifico), resta irrisolto l’immane tema sull’utilizzo del VAR: ottimo quando interviene sulla linea di porta (gol/non-gol) e sul fuorigioco, pessimo quando si arroga – come nel caso di Schouten – il diritto di orientare l’economia di una partita.
Un tempo avevamo la moviola, quella forma di spettacolo che intratteneva il pubblico tra una partita e l’altra, e che attorno alla demonizzazione dell’arbitro aveva costruito la sua liturgia. Poi è intervenuta la Tecnica, che ha nascosto alla vista il vero direttore di gara, lasciandone uno in campo come puro elemento coreografico, preposto alla normale amministrazione (perché quella straordinaria, appunto, la decide il VAR). Ma è davvero questo lo spettacolo con cui vogliamo spendere buona parte del nostro tempo libero?
Luca Baccolini
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