Al giorno d’oggi il formato Instagram dei ricordi contribuisce a generare nuovi santini: bastano una foto e una citazione sovrimpressa, ed è subito effetto Osho. In questi giorni, ad un anno dalla sua scomparsa, ne circolano parecchi di Sinisa Mihajlovic, uno che ne avrebbe riso se avesse avuto la possibilità di farlo. Chissà se ora, dal remoto altrove in cui è finito, Sinisa si sta facendo beffe dei santini che gli stanno confezionando con ritmo vorticoso. In ogni caso, a leggere qua e là le citazioni sbocconcellate dei suoi insegnamenti, che tali lui non riteneva, si apprezza sempre più una metamorfosi post mortem del suo carattere: il Sinisa-belva degli esordi ha ceduto spazio al Sinisa-filosofo, quello che ti insegna a «circondarti di persone che ne sanno più di te», quello che col suo esempio ricorda «di vivere giorno per giorno, leggendo il più possibile».
Il miracolo di Sinisa, l’ultimo, è avvenuto dunque nei nostri pensieri: farcelo ricordare come un vecchio amico saggio, più che come un sergente di ferro quale lui (a dir la verità sempre meno negli ultimi anni) giocava ad essere rappresentato. Chi può, lo vada a trovare non solo nella mente, ma anche nell’ultimo luogo fisico dove ha avuto la ventura di trovarsi. Al cimitero del Verano, a pochi passi dalla stazione Termini di Roma, lì dove sono sepolti altri illustri della nostra storia: da Mameli a Trilussa, da Ungaretti a Balla, da Petrolini a Moravia, e poi l’Olimpo del cinema italiano, Gassman, Manfredi, De Sica, Sordi. Sinisa è lì, al campo 119, cappella seconda, non distante da Rino Gaetano, facilmente riconoscibile per la quantità di scritte a pennarello che hanno ormai invaso anche i loculi vicini.
La sua tomba, al contrario, è semplice, pulita, asciutta: una foto in cravatta, elegantissimo, col pugno chiuso verso l’alto mentre sta festeggiando una delle sue 50 vittorie sulla panchina del Bologna. Un tavolino trasformato in altare svela già da lontano la nuova dimora di Mihajlovic, una lapide come tante, sulla quale la famiglia ha preferito non imprimere nessun motto altisonante, nessun epitaffio che rimandasse alla gloria conquistata sui campi e sulle panchine. Incise sul marmo, invece, due sole parole traslitterate dal serbo: Volimo te, ovvero ‘Ti vogliamo bene’, ‘Ti amiamo’. È quello che hanno scritto centinaia di persone (tifosi ma non solo) sul libro delle firme, annegato tra omaggi spontanei e piccoli cimeli, che resistono al tempo.
Potesse darci un’occhiata, magari Sinisa sorriderebbe per l’audacia affettuosa di certi pensieri, così distanti dal buonismo social di questi giorni: «Come avversario per me rimarrai sempre lo zingaro, ma come uomo sei uno di quelli che ammiro di più al mondo», ha scritto un tifoso anonimo sul diario dei ricordi, rivolgendosi direttamente all’uomo che chiedeva sincerità brutale, a tutti i costi. «Le ultime settimane non smetteva di leggere. La moglie Arianna andava a comprare i libri e glieli portava», ha raccontato in un’intervista a Repubblica Diego Apicella, l’unica figura non calcistica dello staff di Mihajlovic. Per me, l’ultima immagine di Sinisa deve rimanere questa: leggere, approfondire, studiare. Anche se il tempo davanti è poco.
Luca Baccolini
© Riproduzione Riservata
Foto: Getty Images (via OneFootball)