VAR, si stava meglio quando si stava peggio
VAR, un’innovazione che garantirà al gioco del calcio imparzialità e un metro di giudizio molto più equo: così professavano gli innovatori. Partendo dal presupposto che non ho alcuna preferenza su chi retrocederà fra i cadetti, quanto avvenuto domenica in Benevento-Cagliari è l’esempio lampante di come la tecnologia venga comunque sopraffatta dalle decisioni ‘umane’ e dunque soggettive. Si può disquisire ore se il rigore ci fosse o meno: c’è chi accusa Viola di aver lasciato lì la gamba in maniera astuta per generare un contatto e chi afferma che l’imperizia di Asamoah andasse comunque punita, fatto sta che l’arbitro Doveri aveva optato per un penalty in grado di cambiare la storia di una partita determinante ai fini della lotta salvezza.
Sottolineando come a fine gara lo stesso fischietto originario di Volterra abbia confermato che «un leggero contatto c’è stato», facendo infuriare Inzaghi e i suoi giocatori, con quale diritto il prode Mazzoleni (a Bologna lo conosciamo fin troppo bene) è intervenuto dalla sala VAR? Si trattava di quello che in gergo tecnico viene definito un «chiaro ed evidente errore»? Decisamente no, al massimo di un episodio dubbio, scenario in cui il protocollo prescrive di fidarsi della decisione presa dall’arbitro di campo. Peraltro nel turno precedente lo stesso Mazzoleni, al VAR durante Napoli-Cagliari (due volte di fila coi sardi, decisione curiosa che il designatore Rizzoli dovrebbe spiegare), era rimasto silente in occasione della rete del 2-0 annullata da Fabbri a Osimhen per presunto fallo su Godin: rivedendo le immagini, l’uruguaiano pare cadere da solo, ma permanendo un certo dubbio Mazzoleni non era intervenuto. Con Viola e Asamoah, invece, l’esatto opposto.
Pur se irrobustita da ragionamenti di pancia (a dirla tutta, infatti, Cagliari è più a sud di Benevento), è quindi comprensibile l’ira del presidente Vigorito e anche del d.s. Foggia al termine di un incontro che probabilmente è valso un campionato. Perché il VAR, come detto, dovrebbe intervenire soltanto per sanare gli errori netti, senza generare ulteriore confusione (specie in un Paese come l’Italia, dove la cultura del sospetto è più viva che mai): o bianco o nero, senza troppe tonalità di grigio. Ci eravamo illusi che squadre come Cagliari, Fiorentina e Torino potessero davvero rischiare la retrocessione, dato che le meno blasonate Benevento e Spezia avevano un margine di vantaggio tale da ritenere pressoché impossibile un recupero in classifica di questa portata (dopo 19 giornate rossoblù e granata avevano raccolto appena 14 punti). Serviva un miracolo, qualcosa come 20-25 punti nel girone di ritorno, ed esso si è verificato. Qualche domanda sorge spontanea.
E allora, quali miglioramenti ha apportato la tecnologia? Ci ha donato fuorigioco millimetrici, interminabili minuti in attesa di capire se un gol è regolare o meno, nuove polemiche, deliri di onnipotenza e un tanto decantato protocollo che fa acqua da tutte le parti, ma levato naturalezza e spontaneità. Ora il tifoso, prima di esultare, deve aspettare il responso di un computer, tra linee disegnate su un monitor e rigori fantasma. È avvilente affermarlo, visti i veleni, le contraddizioni e certe nefandezze del passato, ma forse si stava meglio quando si stava peggio.
Mario Sacchi
© Riproduzione Riservata
Foto: Imago Images