Bologna e Firenze gemelle separate alla nascita, tra il duello a distanza per la Champions e il faccia a faccia in Coppa Italia
Guardi la Fiorentina e pensi al Bologna. In che senso? Quello che sta facendo Rocco Commisso, da quasi cinque anni patron dei viola, è ciò che Joey Saputo sta iniziando a fare ora. Con cinque anni di ritardo rispetto al collega? No, coi tempi necessari per un club, il BFC, che nel decennio 2005-2015 aveva trascorso in Serie B quasi la metà del suo tempo.
Tra ristrutturazione dello stadio, dimensioni della città che rappresentano e ambizioni europee, Bologna e Fiorentina si assomigliano molto. Ai tempi dei sindaci Cofferati e Domenici si favoleggiava persino un gemellaggio creato nel nome del collegamento no-stop dei Frecciarossa: sarebbe stato bellissimo andare e tornare da Firenze in mezzora, a qualsiasi ora del giorno. Poi però si è deciso, politicamente, che le due città non potevano viaggiare insieme: i Frecciarossa, prezzo base 33 euro, finiscono di collegare piazza Maggiore e piazza della Signoria alle 21:55 e i regionali, lenti come a inizio Novecento, cambiano a Prato. Il messaggio è chiaro: bolognesi e fiorentini, non vi mischierete mai. Se volete cenare o vedere uno spettacolo a Firenze, dovete pure dormirci. E viceversa.
Di Firenze non invidio le vie soffocate dai turisti, le code chilometriche per mangiare una focaccia reclamizzata su Instagram, il mordi e fuggi dei selfie, l’antica grazia guastata da milioni di occhi intontiti. Ma è quello che purtroppo rischia di capitare a Bologna, se la china del turismo votato all’esofago non cambierà. Meglio pensare al calcio, allora: Fiorentina-Bologna, già ora sfida a distanza per un roboante quarto posto che vorrebbe dire Champions League, è la partita che aspettano tutti, con in mezzo un ‘fastidiosissimo’ Bologna-Genoa da onorare con una vittoria che porterebbe i rossoblù al record di punti in un girone d’andata da novant’anni a questa parte (ma un tempo, dirà il filologo, le vittorie ne valevano due).
Vi è che la Coppa Italia è ancora quel tabù di cui non si parla troppo per dimenticare tonfi vergognosi (L’Aquila, Pavia, Cittadella, lo Spezia di Italiano) e delusioni cocenti (il quarto di finale del 2012-2013 contro l’Inter, coi nerazzurri che trovarono la vittoria grazie al gol di Ranocchia al 120′ a seguito di una sciagurata uscita di Agliardi su calcio d’angolo). Il punto, però, è che se si vuol mantenere un’ambizione europea come la classifica odierna tenderebbe a suggerire, non si può dimenticare il secondo trofeo nazionale, strada di accesso parallela ad un’Europa che adesso sembra molto più alla portata di un tempo.
Vincere aiuta a vincere perché fa cambiare la mentalità. Il Bologna dista dalla vittoria in Coppa Italia ‘solo’ quattro partite. Sarebbe bello che il prudente Thiago Motta uscisse per un attimo dal suo mantra «pensiamo solo alla prossima partita» e si sbilanciasse con un bel «puntiamo a vincere la coppa». Non è utopia, è quello che il BFC ha già dimostrato di saper fare in campionato con le stesse identiche avversarie.
Luca Baccolini
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