La riapertura degli stadi e il ‘modello tedesco’
In Italia, quando le cose non funzionano, si alza sempre qualcuno e propone il ‘modello tedesco’. Figurarsi oggi che Governo, Lander e Bundesliga hanno annunciato l’apertura degli stadi per il 20% della capienza. È chiaro che ogni tifoso di calcio invidia i cugini teutonici che da venerdì e almeno per sei settimane potranno tornare a sedersi nei loro impianti casalinghi. Le cose, però, sono come sempre un po’ più complesse di come appaiono. E vanno spiegate per amor di verità e rispetto verso i tifosi.
Citando le cifre ufficiali fornite da Berlino e dai suoi istituti di riferimento, la Germania ha oggi 20.535 attualmente positivi su una popolazione di 83 milioni (noi circa 39 mila su 60 milioni) e un tasso di mortalità del 3,5% (contro il nostro 12,2%). Per non parlare del livello di sanità pubblica, molto più alto del nostro, falcidiato da decenni di tagli. Detto questo, non è che la Germania sia campionessa di trasparenza. In pochi sanno infatti che lì i dati non sono aggiornati giornalmente come da noi (men che meno nei ‘sacri’ giorni del fine settimana), e che non sono consultabili dall’opinione pubblica: altro che «rendere pubblici tutti i verbali del nostro Comitato tecnico-scientifico». Inoltre i negazionisti del COVID sono più numerosi in Germania che qui: è sufficiente guardare le manifestazioni berlinesi del 30 agosto, con 15 mila persone contro il migliaio della Bocca della Verità a Roma.
Passando al ‘Governo del calcio’, i tedeschi hanno nella Bundesliga un modello di efficienza. In Italia basta citare il caso De Laurentiis per far ridere il resto del mondo (e far ‘piangere’ di paura gli altri presidenti e a.d., compreso il nostro Fenucci). È su questa forza e competenza che il fußball è stato il primo a ripartire e il primo a riaprire gli stadi, in una nazione dove molti tifosi hanno sottoscritto lo stesso l’abbonamento per aiutare economicamente i loro club.
Da noi, invece, solo la nostra Regione ha dato il via libera in deroga al pubblico per gli eventi sportivi, dalla MotoGP a Misano al – discutibile – accesso ai palazzetti per la Supercoppa di basket, che difatti si sta rivelando un mezzo flop perché anche i tifosi di Virtus e Fortitudo hanno giustamente paura di contagiarsi passando almeno due ore in un posto chiuso e parzialmente affollato.
Premesso tutto ciò, spiego subito che io allo stadio ci tornerei anche domattina. Ma per andarci chiedo (anzi, esigo) un piano preciso per gli ingressi e le uscite che eviti assembramenti, e una Lega Serie A che sia in grado di farlo funzionare e di aggiornarlo a seconda delle variazioni della curva epidemica. Insomma, se non proprio il ‘modello tedesco’, almeno qualcosa di serio. Perché (ricordiamocelo, noi che abbiamo tremato due volte per la salute di mister Sinisa) la salute viene prima di tutto. Anche del piacere di tifare Bologna dopo troppi mesi passati davanti ad un televisore.
Massimo Franchi
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