Primi assaggi di calcio internazionale: le storiche amichevoli del BFC con Real Madrid e Rapid Vienna
Le trasferte internazionali del Bologna sono merce alquanto rara, in questi anni di marcato provincialismo. Alla base di tali confronti con squadre oltreconfine, dove ora prevalgono per lo più la ragioni del marketing, in origine risiedeva la necessità di confrontarsi con realtà diametralmente opposte: apprendere, in sostanza, differenti culture calcistiche, spiare l’avversario e il proprio metodo di preparazione, sottrarre qualche segreto prendendo appunti di schemi e posizioni, assorbire diverso spirito di squadra e mentalità.
Ancora una volta, per rintracciare questo nuovo approccio al calcio professionistico, si fa ritorno a quel Bologna del Primo dopoguerra, in cerca d’identità e prestigio per puntare al vertice. Fu sempre il condottiero austriaco Hermann Felsner a proporre, nel bel mezzo di quella prima stagione del rilancio, un’amichevole di assoluto prestigio, che avrebbe conferito ai felsinei una buon carico di esperienza e motivazioni per giocare la seconda parte del campionato. Durante la pausa natalizia del 1920, nel giorno di Santo Stefano, il BFC ospitò quindi i già celebri campioni del Real Madrid: tra le sue fila militava quel Santiago Bernabeu (futuro presidente del club castigliano), il quale senza dubbio aveva più volte sentito i racconti dei pionieri rossoblù da suo fratello maggiore Antonio; lui che, negli anni da studente al Collegio di Spagna, aveva fatto parte di quell’acerbo ma già motivatissimo Bologna per due stagioni prima di rientrare in patria.
La partita allo Stadio Sterlino si concluse col risultato di 3-0 in favore dei padroni di casa (doppietta di Perin e gol di Alberti), ma la vera festa si celebrò poi a tavola tra le due squadre, come riporta la rivista del BFC dell’epoca:
«Alla sera i giuocatori del Madrid e del Bologna, insieme a molti nostri soci, si riunirono alla ‘Corona d’oro’ in un fraterno banchetto. La cordialità e l’allegria regnarono sovrane. Madrileni e bolognesi si affiatarono di colpo e tutti apparvero dei veri poliglotti. Pozzi fece sfoggio del suo migliore francese, Alberti meravigliò per la conoscenza dello spagnolo e dal canto suo Del Campo al levar delle mense parlava non solo l’italiano, ma anche il bolognese. Allo ‘champagne’ il prof. Lipparini con bella improvvisazione portò il saluto del Bologna ai campioni spagnoli. Per il Madrid risposero il segretario Garcia e Rivas che in italiano con commosse parole si rallegrò per il progresso fatto dal foot-ball tra noi ed invitò il Bologna a restituire la visita in Spagna. Furono cantati tutti i nostri inni e gli spagnoli ci deliziarono con il coro dell’Estudiantina. In complesso una bella giornata per lo sport e per la fratellanza internazionale».
Quell’incontro fu il primo di una serie che il coach, tre mesi più tardi, volle organizzare per mettere alla prova la sua squadra. Difatti, poco prima del fase cruciale del campionato, in cui il Bologna era atteso allo spareggio col Modena per il titolo emiliano, Felsner riuscì ad accordarsi con i campioni d’Austria del Rapid Vienna per disputare un incontro che aveva un valore simbolico ben più alto di quello sportivo: la contesa tra italiani e austriaci fino a qualche tempo prima era stata su un campo di battaglia. Ma se due anni prima erano entrati nel nostro Paese come invasori, questa volta i viennesi vennero accolti in modo benevolo dai bolognesi, che salutarono gli ospiti con entusiasmo. Perché in quell’occasione ci si trovava di fronte per una partita di calcio e il risultato (peraltro piuttosto negativo, 1-4) non era importante. La vittoria di tutti era quella di non giocarsi la vita.
Giuseppe Mugnano
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Fonte citazione e foto: percorsodellamemoriarossoblu.it