Finale della Lega Nord 1925, si giocano il titolo Genoa e Bologna. Passerà alla storia come lo scontro più controverso del massimo campionato italiano di calcio: è stato infatti l‘unico spareggio ad essere ripetuto per ben cinque volte, lasciando strascichi ancora tangibili a distanza di quasi cento anni. In una di quelle leggendarie partite, tra il pubblico era presente uno dei più affezionati tifosi felsinei, introdottosi sul terreno di gioco dopo aver convinto la portinaia del campo a lasciarlo passare: il malandrino si chiamava Otello Montanari, sfegatato sostenitore del BFC e perno della tifoseria, che guidava e abbeverava prima e dopo ogni match nel suo bar di via Orefici, l’omonimo Bar Otello, aperto proprio in quegli anni a metà strada fra le Due Torri e piazza Maggiore.
Il Bologna, fino ad allora, era stato una squadra di belle speranze, un gruppo di giovani promesse guidate già da un quinquennio dall’austriaco Hermann Felsner. Quel gruppo stava crescendo a vista d’occhio, e allo Stadio Sterlino Otello e suoi compagni ammiravano le gesta del giovane Angelo Schiavio, bolognese doc che aveva l’attività di famiglia proprio a pochi metri dal suo locale. Non si fa fatica ad immaginare quanto calore e vicinanza si potesse sentire all’epoca per quei giocatori che erano parte del tessuto economico della città: uomini e non star, beniamini in campo e colleghi fuori.
Dopo quel primo storico tricolore, conquistato nella doppia finalissima contro l’Alba Roma, il Bologna cominciò a volare e in poco più di quindici anni divenne ‘lo squadrone che tremare il mondo fa’, grazie alla conquista di 6 scudetti (4 con Felsner e 2 per mano dell’indimenticato Arpad Weisz, di cui tutti conosciamo il triste destino) e di svariati trofei internazionali. Il sagace barista non perde nemmeno una di quelle avvincenti partite, mobilitando il tifo a sostenere con ardore la squadra. Una delle poche testimonianze di questa passione viscerale è un manifesto realizzato dal Bar Otello in occasione dell’ultima partita di campionato della stagione 1938-1939, in casa contro la Lazio, spettatrice non pagante della sfilata trionfale dei rossoblù verso il quinto titolo italiano. Il documento ha i toni di un bollettino di guerra: «Tutti al Littoriale! / Non vi è consentita per alcun motivo l’assenza! Essa equivarrebbe a diserzione!», recitava, seguito dal testo d’invito alla tifoseria, recante infine la firma del COVO ROSSO-BLU di via Orefici 13. Inutile sottolineare che, dopo la vittoria, i caroselli facevano sempre tappa al Bar Otello.
Dopo la vittoria del sesto campionato di Serie A, la guerra smorzò non poco gli entusiasmi. Eppure il Bar Otello strinse i denti e riuscì a sopravvivere agli anni bui del Secondo conflitto mondiale (pensate solo che durante i bombardamenti del 1944 uno dei numerosi ordigni cadde a pochi metri dal locale, distruggendo buona parte del vicino Archiginnasio), tornando ad essere il principale punto di riferimento del tifo bolognese. Ad ogni match si formava ripetutamente un capannello di tifosi all’entrata del bar, creando talvolta disagio alla circolazione dei mezzi (all’epoca via Orefici non era pedonabile e vi passava perfino il tram). Fu per tale motivo che il Comune di Bologna, il 27 maggio 1950, affisse una nuova ordinanza che proibiva la sosta lungo la strada, cogliendo di sorpresa i tifosi increduli con multe e sgomberi. Una mossa quantomeno azzardata, per una città che solo cinque anni prima si era liberata degli oppressori (tenendo conto del fatto che uno dei pezzi grossi del regime fascista, Leandro Arpinati, aveva gravitato proprio su Bologna): il malumore fu così forte che in pochi giorni la decisione fu revocata e l’ordine ristabilito.
Peccato che, negli anni Cinquanta, le gioie per i tifosi del Bologna fossero pari a zero. Il dopoguerra portò con sé lo strapotere delle squadre del nord. Vennero poi, tra un bicchiere e molti rimbrotti, gli anni Sessanta e un nuovo allenatore: Fulvio Bernardini. La squadra, capitanata da un altro figlio della città, Giacomo Bulgarelli, arrivò al giro di boa appaiata al Milan ‘campione di tutto’ di Nereo Rocco ed era lanciatissima verso la conquista di un titolo che mancava da oltre vent’anni. Poi, in febbraio, dopo la partita contro il Torino, la stangata: cinque giocatori positivi ai controlli antidoping, colpa per cui venne inflitta al club la sconfitta a tavolino e un’ulteriore penalizzazione di un punto. I tifosi insorsero manifestando in piazza e, manco a dirlo, davanti al Bar Otello, che espose uno striscione contro la FIGC che lasciava poco spazio all’immaginazione.
Con un -3 sul groppone, le speranze per lo scudetto si riducevano al lumicino. Ma non per il BFC che, convinto della sua estraneità ai fatti e alla netta superiorità rispetto alle compagini milanesi, non si perse d’animo e restò in scia all’Inter di Helenio Herrera fino a maggio, quando in seguito ad ulteriori controlli fu revocata la penalizzazione. Inter agguantata e volata finale. Il resto è storia: il Bologna Football Club nuovamente nel Paradiso del calcio.
Un gioia incontenibile per Otello, i cui anni cominciavano a pesare insieme alle fatiche di un bar sempre pieno nonostante la capienza ridotta. Così, nella seconda metà degli anni Sessanta, decise di cedere l’attività, assicurandosi che il locale mantenesse la sua storica insegna. Nell’ottobre del 1967 il tifoso numero uno dei rossoblù si spense, a 73 anni e con centinaia di partite nei suoi ricordi. L’anima del bar si andò poco a poco perdendo, la folla si dissipò così come i successi del club.
In anni recenti il locale è finito in cattive mani, che lo hanno portato quasi a scomparire. Una pugnalata al cuore dei tifosi felsinei, che tra quelle mura hanno vissuto momenti indimenticabili.
Ora, a quasi cento anni di distanza dalla sua prima apertura, il Bar Otello ha riaperto i battenti, seppur in sordina rispetto agli impeti di un tempo. Con mio grande rammarico, al suo interno ho visto solo un paio di foto storiche, segno di una scarna conoscenza del passato. Eppure, come spesso amo ripetere, la storia non si cancella con un colpo di spugna.
Se anche un solo tifoso tornasse lì a discutere dei propri beniamini, il bar avrebbe salva la vita. Perciò mi appello a voi, cari amici tifosi: torniamo tutti insieme al Bar Otello!
Giuseppe Mugnano
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Foto: Fausto Malpensa – percorsodellamemoriarossoblu.it