Lunga e interessante intervista rilasciata oggi al Fatto Quotidiano dal prof. Ranieri Guerra, rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel Comitato tecnico-scientifico a supporto del Governo Conte. L’argomento, ovviamente, è la seconda ondata della pandemia di COVID-19, con particolare attenzione sulla delicata situazione italiana. Ecco le sue dichiarazioni, suddivise per argomenti principali:
Coprifuochi notturni – «Sono un palliativo per non chiudere tutto. Servono anche per limitare l’utilizzo di alcool e altre sostanze che rilassano i freni inibitori esponendo a rischi i giovani».
Lockdown generalizzato – «Dobbiamo evitarlo perché provocherebbe rivolte armate. Le persone sono state sfinite dai tre mesi di lockdown. Purtroppo poi in estate hanno abbassato troppo la guardia, incoraggiate anche da colleghi che non capisco bene che lavoro facciano. Ora però bisogna fare anche una valutazione sullo stato di salute mentale di tutti, in particolare dei nostri figli. Possiamo chiudere a casa i ragazzi davanti alla PlayStation? È doveroso bilanciare equilibri di sostenibilità sociale ed economica, perché i rischi non sono dovuti solo alla trasmissione del Coronavirus: come OMS abbiamo registrato un aumento di suicidi tra i giovani, per fortuna non in Italia, e l’aumento del consumo di bevande alcoliche tra le mura domestiche. Il lockdown del Paese è una misura pesante e ha ragione il premier Conte quando dice che non è l’Italia di marzo quella di oggi, le condizioni al di là del numero dei contagi sono diverse. E ha ragione anche sull’allineare i tre livelli amministrativi: Stato centrale, Regioni ed Enti locali. La capacità di decidere per aree e territori sarà sempre più fondamentale da qui in avanti».
Temi centrali nella lotta al COVID-19 – «Il primo è il trasporto pubblico, quello locale in modo particolare. Quello privato è bloccato, quindi potrebbe essere utilizzato per integrare il pubblico con procedure trasparenti e tariffe calmierate. Si potrebbero utilizzare autobus privati fermi, perché in questo momento nessuno viaggia, per interesse pubblico. Il secondo sono i medici di base e i pediatri di libera scelta: andrebbero inseriti maggiormente nel sistema di risposta all’attacco del Coronavirus, in modo non sporadico ma organico, mettendoli in prima linea dopo averli equipaggiati in sicurezza e in modo adeguato per il tipo di sfida. Il terzo è investire nelle scuole, oltre che in sicurezza anche su nuovi programmi per i giovani adulti, in modo da evitare di avere in futuro altri ‘terrapiattisti’».
Bisognava pensarci prima – «Col senno di poi è tutto più facile. Orientarsi quando il pericolo non sembra imminente e pare addirittura scampato è molto difficile, e lo è anche procedere con investimenti su un pericolo quando non lo si intravede dietro l’angolo. E la comunicazione del rischio è molto più complicata di quanto si possa immaginare in medicina. Però non è un problema solo italiano. L’OMS fece un test a cento Paesi: nessuno superò quota 40 su 100 rispetto ad una serie di indicatori che rilevavano la capacità di comprendere il pericolo e realizzare una programmazione adeguata a scongiurarlo».
Corsa al vaccino – «Al momento le tempistiche sono solo stimabili, non certe. Per fine 2020, se tutto fila liscio, avremo la conclusione di uno o più processi regolatori delle agenzie europea e americana del farmaco. Ma non significa che avremo le dosi di vaccino anti-COVID disponibili. Nel primo trimestre del 2021 la sfida colossale sarà di natura industriale e logistica per la produzione e la distribuzione. E, quando arriverà, si porrà un’altra domanda: i tempi d’immunità del vaccino? Su questo non dico che si navighi ancora al buio, ma almeno nell’ombra. E aggiungo che sarebbe molto importante implementare la sorveglianza clinica sulle persone che guariscono dal COVID-19, perché è una malattia sistemica che non si limita alla polmonite interstiziale: capire quanti danni rimangono o come vengono superati è fondamentale per il futuro».
Foto: orizzontescuola.it