Non può mai essere una questione di merito.
Nel bene e nel male, per quella c’è la politica. Ci sono i nostri rappresentanti, appositamente eletti, e le loro fidate (spesso anche nutrite, sì) cerchie di consulenti specializzati. Se si è fuori dalle stanze dei bottoni, esprimersi sul merito risulta mero chiacchiericcio da bar; nel caso dell’emergenza COVID e delle misure ad essa collegate, si aggiunge l’alto rischio di risultare sgradevoli. Mai come in questo caso, allora, il terreno di caccia prediletto per commentatori, opinionisti, storici, politologi e giornalisti è il metodo. Commentare e giudicare come un Esecutivo si muove a tutti i livelli diventa pane quotidiano. È la democrazia, bellezza. Con tutto il suo meraviglioso groviglio di attori, pesi e contrappesi.
Weekend di sosta per le Nazionali e di Emilia-Romagna che si riscopre arancione. Lo prevede un’ordinanza annunciata nel tardo pomeriggio di venerdì dal ministro della salute, Roberto Speranza. Alla base c’è il solito rapporto ISS, ci sono riscontri numerici e scientifici. Qui il commentatore laico ha l’obbligo di fermarsi. Può invece incalzare sulle tempistiche, nonché sullo svolgimento degli eventi. I lavori di tinteggiatura comandati da Speranza stridono infatti con le misure pensate e pubblicizzate neppure ventiquattr’ore prima dal presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, a braccetto con i colleghi Fedriga (Friuli) e Zaia (Veneto). Il governatore emiliano intravede il furgone dell’imbianchino parcheggiato fuori da viale Aldo Moro e con puntiglio certosino si mette a tessere una tela complicatissima, camminando sul filo del rasoio. Taglia, cuce, molla l’indifendibile (vedi sacrificio dei centri storici, protagonisti di grandi assembramenti durante il weekend precedente) ma tiene sostanzialmente il punto su bar, ristoranti e spostamenti. Ritiene di avere i numeri dalla sua, è evidente. Bonaccini vuole salvaguardare il giallo, a costo di lasciare per strada qualche ulteriore briciola di libertà. E confeziona un piccolo capolavoro di equilibrio, insieme ai colleghi. Il trio si muove in autonomia? No, d’intesa con il ministro Speranza. Letterale, sul comunicato.
A questo punto, forti della blindatura istituzionale, i comuni cittadini (tra cui certo si nascondono tantissimi lettori di Zerocinquantuno) hanno una sola strada a disposizione: fidarsi. Del resto, della politica ci si fida tutti i giorni, più o meno esplicitamente. Anche se a molti costa fatica ammetterlo. Il nostro mondo, con gli impagabili pregi celati dietro i numerosi difetti in quella miscela tipica dei sistemi liberali occidentali, ci obbliga a riporre fiducia in coloro che amministrano le nostre vite. Incassiamo e ripetiamo, ancora una volta. Ci adeguiamo, ancora una volta. Con applicazione sempre più ferrea e concentrazione ai massimi livelli. Gli errori, giustamente, si pagano. E in questi giorni non c’è neanche il solito inserimento vincente di Soriano in zona gol a distrarci. Il ristoratore conta le prenotazioni e allestisce la sala, la negoziante catechizza il personale in merito all’ingresso di un solo cliente per nucleo familiare, congiunti più o meno conviventi pianificano gli spostamenti. Scene di ordinaria e sacrosanta emergenza, su cui esplode il classico fulmine a ciel sereno. Irrompe di nuovo la politica, in netto ritardo sul suono del gong. Arriva una svolta indubbiamente fondata (è il merito di cui sopra), ma confusionaria nei tempi e pasticciata nei modi. Il tocco di troppo di Orsolini a tu per tu con Ospina domenica scorsa, per capirci.
Pungente cinismo o pura negligenza attorno all’operazione? Al lettore la facoltà di scegliere, valutando la gravità delle due opzioni. Se la pandemia è una cosa seria, la politica non dovrebbe essere da meno. E in politica, merito e metodo finiscono quasi sempre per equivalersi.
Francesco Piggioli
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Francesco Piggioli, grande cuore rossoblù, è uno storico contemporaneista.