Pochi anni fa il Corriere della Sera inserì la chiesa di San Vigilio a Pinzolo tra le dieci cose da non perdere nei piccoli centri d’Italia. Il ritiro del Bologna, che per la quarta volta negli ultimi cinque anni è ospite della cittadina trentina, offre la possibilità di unire calcio e cultura per un pomeriggio diverso dal solito. Chi la vedesse per la prima volta, capirebbe subito perché ci sentiamo di consigliare una visita a questa chiesa. Da lontano ha tutto l’aspetto di una pieve spartana, costruita con le pietre del posto senza troppo badare alla forma, due parallelepipedi contigui che formano il corpo della chiesa, coperta da due rapidi spioventi, e la sua torre campanaria.
Avvicinandosi, però, arriva la sorpresa. Sotto la parete settentrionale appaiono inquietanti pitture esterne della metà del XVI secolo: l’autore è Simone II Baschenis, un pittore bergamasco appartenente ad una famiglia di artisti itineranti, che giravano di borgo in borgo prestando servizio nelle varie chiese del Trentino. Il soggetto è un’avvincente ‘danza macabra’, uno dei temi iconografici più diffusi in quei secoli, ovvero la rappresentazione di una danza di tutti i ceti sociali in forma di scheletro. Un modo per ricordare che tutti, a prescindere dalle ricchezze accumulate sulla terra, sono destinati al medesimo epilogo.
Baschenis vi lavorò attorno al 1539, dipingendo una superficie di oltre 2 metri d’altezza per 22 di lunghezza. Quasi una pellicola cinematografica ante litteram. Vi si scorgono il papa, un cardinale, un vescovo, un sacerdote, un frate e un re, un imperatore, un giovane ricco, una regina, ma anche un mendicante, una monaca, un bambino e un vecchio, che presi per mano dal loro corrispondente scheletro sembrano ballare proprio una danza.
Il corteo è aperto da tre scheletri posti ai piedi di una croce, e si conclude con la raffigurazione di San Michele Arcangelo che uccide il diavolo. Il testo che accompagna queste immagini sconvolgenti ha qualcosa di familiare: «Io sont la morte che porto corona / Sonte signora de ognia persona. Et cossi son fiera forte e dura / Che trapasso le porte et ultra le mura. Et son quela che fa tremar el mondo / Reuolgendo mia falze atondo atondo. O uero l’archo col mio strale / Sapienza beleza forteza niente vale. Non e signor madona ne vassallo / Bisognia che lo entri in questo ballo…».
Ricorda qualcosa? Sì, è proprio così, è il Ballo in Fa diesis minore di Angelo Branduardi, celebre hit prestata anche al mondo dance, che deriva direttamente dalla chiesa di San Vigilio. Grazie al suggerimento di un suo storico collaboratore, il cantautore genovese si lasciò ispirare da tale immaginario per una delle sue più celebri canzoni di ambientazione medievale. Ma al di là delle suggestioni musicali, il ciclo di Baschenis colpisce ancora oggi la nostra sensibilità come testimonianza di un pensiero semplice, lineare e al tempo stesso inquieto, restituendoci tutto il turbamento e la paura dell’ignoto che hanno attraversato il Medioevo e il Primo Rinascimento.
Quei corpi e quegli scheletri, così vicini, richiamano l’esigenza di verità, di giustizia e di uguaglianza di fronte al nostro comune destino. Un destino cui l’ingresso del vicino camposanto ci richiama in maniera solenne e insieme sarcastica, nei due pilastrini di ingresso. Sul primo campeggia la scritta ‘Oggi a me’, sul secondo ‘dimani a te’.
La chiesa ha resistito agli urti del tempo e del meteo. Durante la Guerra del 14-18 l’edificio fu trasformato in polveriera con deposito di munizioni. Dal suo sagrato partivano i vagonetti diretti a Carisolo, stazione base delle teleferiche dirette al fronte. Anche quella, in fondo, era una tragica danza della morte.
Luca Baccolini
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